
La gestione controversa dell'ospedale torinese tra inchieste, bilanci in rosso e il valzer dei direttori generali
In mano a bravi sceneggiatori sarebbe una fiction da esportare in tutto il mondo, invece resta una amara e locale comica a puntate, scritta da giornalisti – quelli che non fanno mai le domande giuste a chi comanda – che sembrano vivere in un altro mondo. Parlo della vicenda surreale della Città della Salute e della Scienza di Torino, regia di Regione Piemonte, Università, Scuola di Medicina; attori caratteristi Alberto Cirio, il suo assessore alla Sanità Riboldi, l’ex-commissario Schael e il suo successore, il neodirettore generale Tranchida. Attori non protagonisti: sindacati del personale (medico e non), compagnie di servizi sanitari privati e convenzionati, un pizzico di massoneria. Spettatori non paganti: tutta la politica locale e regionale, centrosinistra e pentastellati in prima fila. Spettatori (molto) paganti: 4 milioni di cittadini piemontesi.
Le puntate precedenti: la Città della Salute e della Scienza di Torino (d’ora in poi Csst) si costituisce il 1° luglio 2012 con l’accorpamento degli Ospedali Molinette, Infantile Regina Margherita/Ostetrico/ginecologico Sant’Anna, e Cto. I dipendenti superano le 10mila unità. Questi ospedali sono anche cliniche universitarie, dunque circa il 40% dei medici dipende dall’Ateneo. L’accorpamento unifica procedure, modalità di gestione, condivisione di servizi, spazi e strutture operative. Il tutto sulla spinta del nascente progetto di costruzione del Parco della Salute della Ricerca e dell’Innovazione, destinato a sostituire le vecchie strutture e a realizzare finalmente una sede degna delle aspettative dei cittadini e di quelle dei medici. Della storia infinita dell’appalto per la costruzione del nuovo grande ospedale ho raccontato a più riprese, a oggi l’unico prodotto sono la carta e le spese per consulenze e perizie.
Poi la retromarcia della Regione a trazione centrodestra, fino alla decisione di sganciare dalla Città della Salute alcuni ospedali, a cominciare dall’Infantile Regina Margherita per farlo diventare un polo autonomo di ricerca. Naturalmente con il corollario di finanziamenti ad hoc e nuova struttura potenziata creando sblocchi per numerose carriere di dubbia necessità. Anche di questo avevo trattato, nell’indifferenza generale, ormai un anno e mezzo fa. Ora la Federazione Cisl Medici si è accorta delle manovre in atto, comincia a preoccuparsi e scrive una lettera che diventa, forse ben oltre l’intenzione degli estensori, una sonora bocciatura di anni di politiche regionali in campo ospedaliero. Vedremo l’esito.
Della Città della Salute le cronache raccontano le voragini nei suoi bilanci, che costringono la Regione a esporsi finanziariamente in misura ben maggiore che per altri ospedali. L’ho raccontato commentando la notizia dell’esposto alla Magistratura dei Revisori dei Conti, allarmati per la situazione complessiva, soprattutto per il modo in cui si era costruito il deficit. Temi centrali dell’esposto: intramoenia extramuraria e convenzioni con la sanità privata. Due anni di inchiesta e richiesta di 16 rinvii a giudizio, in pratica i vertici dell’ente. Vedremo l’esito.
Matura così la decisione dell’assessore regionale Riboldi (FdI) di nominare non già un nuovo direttore generale, ma un commissario per rimettere in carreggiata l’ospedale, sconquassato da anni di anarchia e dai riscontri delle indagini della Procura: intramoenia per oltre l’86% all’esterno degli ospedali – corsie pomeridiane deserte, quasi tutti altrove “a pagamento” – mancanza di controlli, liste d’attesa siderali, luminari o pseudo-tali che fanno la voce grossa. Dall’Università partirono immediatamente bordate, verso l’assessore, ma soprattutto verso questo nuovo commissario Schael, uno troppo spiccio e decisionista. Lui si insedia a marzo 2025, e non fa nulla per farsi amici i sindacati e la politica che pure lo ha voluto. Vuole riportare l’intramoenia in ospedale, così si controllano anche le prestazioni dei medici ospedalieri del Ssn, tenta di mettere ordine nella giungla di diritti mischiati ai privilegi, cerca di dare una parvenza di disciplina a una situazione allo sbando. Come? Inimicandosi tutti, anche un sindacato di second’ordine, il Cimu, che lo denuncia per attività antisindacale perché non ha discusso con loro una misura che nemmeno aveva ancora introdotto.
Nell’estate si moltiplicano i segni di nervosismo del Presidente Cirio e dell’assessore, fino alla presa di distanza e al suo licenziamento, sei mesi dopo l’insediamento. Un fallimento su tutta la linea, eppure assessore e presidente rilasciano interviste a go-go per rivendicare l’operazione. Hanno fatto tutto loro, il resto del mondo stava a guardare.
Al suo posto un nuovo direttore generale, Livio Tranchida, che annuncia da subito la revoca delle misure adottate dal suo predecessore, a cominciare da quelle che ponevano un freno all’intramoenia extramuraria. Si torna al passato, liberi tutti e corsie pomeridiane nuovamente deserte. Il nuovo direttore generale delle Molinette viene dalla direzione dell’ASO di Cuneo; pochi giorni dopo il suo trasferimento a Torino, torna sui giornali. Stavolta però per una storiaccia denunciata dalla consigliera regionale Avs Giulia Marro, anche lei cuneese: a fronte di richieste di esami prenotati al Cup o al telefono, ai pazienti veniva rilasciata una prenotazione “fittizia”, spesso in orario notturno, specificando che, essendo tale, sarebbero stati ricontattati per sapere la data giusta. Questo stratagemma permetteva di evadere le richieste entro i dieci giorni stabiliti, la prestazione no. Se il buongiorno si vede dal mattino, anduma bin! direbbero a Cuneo.
Per non farsi mancare davvero nulla, il Consiglio Regionale intanto discute una proposta di legge dell’ex assessore alla Sanità Icardi – sottoscritta anche da Valle, Pd – per allargare ulteriormente le maglie dell’intramoenia. A breve l’esito.