Zonaeuro

Merz vince in Germania, che resta colonna portante dell’Ue: ora conviene muoversi in fretta

di Federico Cappuccio

La Germania svolta a destra. La Cdu di Friedrich Merz, leader che ha spostato il partito su posizioni più conservatrici rispetto al passato, ha ottenuto una vittoria importante, confermandosi come la principale forza politica del Paese. Parallelamente, l’AfD ha registrato una crescita significativa, diventando la seconda forza nazionale. Due segnali chiari dell’orientamento dell’elettorato: da un lato, la necessità di una leadership solida e strutturata; dall’altro, la richiesta di un cambiamento capace di affrontare le questioni legate alla sicurezza, così come le incertezze economiche, sociali e identitarie.

Merz ha puntato su un’agenda chiara, facendo della lotta all’immigrazione incontrollata il suo cavallo di battaglia e promettendo di riportare la Germania al centro della politica europea. Ha dichiarato apertamente che l’Europa deve imparare a difendere i propri interessi in modo autonomo, senza dipendere dagli Stati Uniti, specie in un contesto geopolitico instabile come quello attuale. Questa posizione lascia intravedere un ruolo più attivo della Germania, con l’obiettivo di guidare un’Unione Europea meno subordinata alle dinamiche transatlantiche e più consapevole delle proprie responsabilità geopolitiche. E chissà, magari è la volta buona che qualcuno capirà che gli Stati Uniti d’Europa (o un’Unione Europea come stato unico, chiamatela come volete…) sono l’unica via possibile per il futuro. Ma questo è un altro discorso… lascio a voi speculazioni, ipotesi e, perché no, un confronto su questa idea che mi ha sempre affascinato e in cui credo fortemente.

Accanto alla Cdu, stupisce il successo dell’AfD: un avente diritto su cinque ha votato per loro, segno che milioni di cittadini si sentono rappresentati da questo partito. Ridurre tutto a un voto di protesta o a una deriva estremista sarebbe un errore. L’AfD ha saputo intercettare il malcontento di chi ritiene che le politiche legate alla sicurezza, all’immigrazione e al disagio economico, sociale e identitario debbano essere affrontate con maggiore rigore. Sono questioni reali, elettori che vanno ascoltati: la politica tedesca non potrà ignorarli.

Da spettatore esterno, ciò che emerge da queste elezioni è chiaro: la Germania potrà tornare a essere il punto di riferimento dell’Ue. Con la fine dell’era Merkel si era aperto un vuoto di leadership che ha portato a una maggiore frammentazione delle politiche europee. Scholz, pur essendo Cancelliere, non ha mai incarnato un vero ruolo da leader in Europa, lasciando spazio a Macron e von der Leyen nel tentativo di guidare il blocco unionale. Con Merz, è lecito aspettarsi un cambiamento; la sua esperienza politica ed economica potrebbe finalmente riportare la Germania al centro delle dinamiche europee. E non posso non dire che ne abbiamo un disperato bisogno… basti pensare a Zelensky, ormai allo stremo e in balia di decisioni altrui, che vede il suo Stato ridotto a oggetto di trattative tra Usa e Russia, i quali decidono del destino ucraino senza minimamente coinvolgere l’Unione Europea.

Quello che per ora sappiamo è che nei prossimi mesi le due figure chiave dell’Ue saranno di nuovo tedesche: Friedrich Merz e Ursula von der Leyen. Questo conferma, ancora una volta, che la Germania resta la colonna portante dell’Unione, nel bene e nel male. Ma la partita non è ancora chiusa. Non è chiaro quanto tempo servirà per formare la nuova coalizione e con quali equilibri. La storia recente insegna che in Germania i negoziati per la formazione di una maggioranza possono essere lunghi e complessi. In ogni caso, vista la geopolitica internazionale attuale, conviene muoversi in fretta.

E lasciatemi concludere con un dato significativo: l’84% degli aventi diritto si è recato alle urne, un trionfo per la democrazia rappresentativa, soprattutto se paragoniamo il dato al crescente astensionismo che affligge il nostro Paese, dove la sfiducia e l’indifferenza verso i governanti hanno ormai preso il sopravvento da troppo tempo.

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