Società

Il potere non vuole per la pace, i popoli sono le vittime: cosa può fare l’opinione pubblica?

di Barbara Pettirossi

I popoli sono le vittime. I popoli: i migranti, i palestinesi, gli ebrei, i russi, gli ucraini, gli americani e così via. Insieme ai popoli, l’altra vittima è la loro autodeterminazione che langue e, per sopravvivere, mendica pure controvoglia il tozzo di pane del voto.

Da chi sono veramente volute le guerre? Da chi sono veramente voluti gli attacchi terroristici? Siamo seri: davvero pensiamo che i popoli abbiano il potere di decidere cosa e come scegliere? Se così fosse, i rappresentanti dei popoli ascolterebbero le loro sofferenze e l’informazione – tutta – si metterebbe al servizio dei cittadini, non svolgendo la funzione di accompagnamento a ciò che è stato già deciso, ma di pungolo del potere a far meglio e di stimolo allo spirito critico delle persone comuni.

Questa situazione di impotenza è ben rappresentata da Israele, dove invano sono chieste a gran voce le dimissioni di Netanyahu. Del resto non hanno avuto seguito neppure le proteste nei suoi confronti dei mesi scorsi. Israele è un paese democratico e, nonostante ciò, gli israeliani sembrano non avere voce di fronte a una classe dirigente fortemente arroccata sulle sue posizioni. Quanto più impotenti saranno quei popoli in balia di dittature e gruppi terroristici?

La propaganda evoca il “problema” dei migranti. Ma chi, veramente, spinge alla fuga dai loro paesi migliaia di esseri umani?

Hamas rivendica i propri attentati come gesta eroiche per la salvezza del suo popolo. Ci raccontano che Israele “deve” rispondere, anche radendo al suolo la Striscia di Gaza per stanare e distruggere Hamas, se vuole sopravvivere. Veramente è così? Abbiamo alcune certezze, in tutto questo fumo gettato negli occhi delle opinioni pubbliche perché – sembra – non capiscano e non vedano: sono morti degli innocenti nell’attentato; i palestinesi fuggono via chissà dove, come quando le formiche si disperdono perché un piede è precipitato su un formicaio (il potere pare avere a cuore il destino dei popoli come quello degli insetti!). Altra cosa certa è che gli ostaggi rischiano la vita; che Israele, dove è stato possibile che ebrei e palestinesi vivano anche in pace grazie alla volontà di singoli individui, è uno Stato che dovrà accontentarsi (a meno di una svolta davvero epocale) di un’esistenza costantemente minacciata dall’odio di altri “poteri”.

La propaganda ci ha detto che bisognava fermare le mire espansionistiche della Russia. Quel che è stato ottenuto a oggi è la morte di migliaia di persone, la distruzione di un paese e una grave crisi economica che colpisce, guarda caso, i popoli.

I popoli sono, prima che nazioni, esseri umani. Sembra una banalità, ma visto con quale cinismo il potere, di qualsiasi natura, prende decisioni su chi vive e su chi muore, non è superfluo ribadirlo. Si ha quasi la sensazione che venendo meno le dichiarazioni esplicite di guerra, sia diventato più facile per un comune essere umano trasformarsi nel bersaglio di un prossimo conflitto.

Il potere, stratificato e diramato in mille rivoli, al punto da essersi allontanato anni luce dalle nostre vite quotidiane, è diventato venditore di slogan, portatore di bandiere, sordo alla disperazione e in agguato per avvantaggiarsi di quella disperazione. Questo nonostante l’attività missionaria degli esportatori di democrazia. I poteri, in particolare quelli non coinvolti direttamente nei conflitti, non si adoperano per la pace, ma anzi alimentano la tensione, senza sfruttare strategicamente la propria fortunata posizione e sforzandosi di trovare una strada alternativa ai massacri. Per questo sono doppiamente responsabili, perché vivendo in una pace sia pur relativa hanno appoggiato la logica della guerra in casa altrui.

Mi chiedo quale sia, invece, il potere dell’opinione pubblica, di questa enorme massa di individui che giorno dopo giorno ascolta e osserva le eterne linee programmatiche di chi la governa, con le solite promesse di tempi migliori. Me lo chiedo, ed è la sola cosa che posso fare.

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