Cultura

Arena di Verona, la destra conferma i vertici e avalla il declino. Una storia politica? Molto meno

Tutto previsto. La Fondazione Lirica Arena di Verona – ma soprattutto la cultura e la musica in Italia “like a Rolling Stone”, come ‘pietre rotolanti’, – va giù, giù oltre un fondo che credevamo raggiunto. E noi – nauseati fino alle midolla – non potremo nemmeno attingere all’ironia del grande Bob.

La storia è troppo complicata, viene da lontano, molto lontano e in più, non interessa quasi a nessuno. I fatti: a Verona il Consiglio di Indirizzo – organo di nomina tutta politica cui compete l’indicazione della persona del sovrintendente (il boss assoluto) per le Fondazioni Liriche – contro la volontà del sindaco e dell’amministrazione, proprietari della medesima Fondazione, ha ieri proceduto all’indicazione del Sovrintendente, il soprano Cecilia Gasdia, e il ministro Sangiuliano a tempo di record ha firmato la nomina, in teoria per i prossimi 5 anni. Una storia tutta politica? Molto meno, come se il proprietario di un bar non volesse un certo gestore. Una storia sbagliata, con una lunga vicenda di disamore e trascuratezza, di interessi politici ed economici, contrabbandata per politica; una sequela di eventi, menzogne e promesse mescolate sapientemente; poi la volgarità e l’ignoranza trionfanti dei politici, degli italiani e dei veronesi. Della musica, della cultura dell’interesse generale, chi se ne frega? Con “tutti i problemi più gravi che abbiamo”.

Tutti assieme appassionatamente – evidentemente – continuiamo a considerare la musica come un foruncolo della politica e degli interessi economici. E ne pagheremo il prezzo (l’ignoranza costa, molto). Nulla come l’Arena di Verona porta soldi ai veronesi, eppure l’hanno fatta morire negli ultimi vent’anni; la stagione lirica estiva ha perduto ogni prestigio e credibilità internazionale, hanno saccheggiato i bilanci; distrutto la professionalità dei professori d’orchestra, del coro, dei lavoratori; hanno abolito il corpo di ballo; hanno perfino cercato di sopprimere la fondazione stessa (sindaco Tosi), prima con un perito agrario a sovrintendente, poi con una delibera della Giunta. Hanno invaso l’Anfiteatro romano con spettacoli a bassissimo ritorno economico per il Comune, ma in compenso dalla qualità artistica ancora inferiore.

Hanno aggiunto debiti a debiti, per ingrassare non si sa se solo i potentati locali o anche quelli di importazione. Hanno consegnato la cassa dell’Arena a una biglietteria di incerta solidità economica e azzerato il marketing, cioè gli sponsor. Hanno cercato di privatizzare gli utili e scaricare sul pubblico le perdite. Recentemente poi hanno nominato (sindaco Sboarina) a sovrintendente un gradissimo soprano, per sbaglio, però, perché al suo posto avrebbero voluto un manager esperto di camion, e quindi sono stati costretti a sottrarle ogni vero potere decisionale, nel dubbio che facesse qualcosa di giusto. Il tutto, come si usa, condito di menzogne, grazie e a una stampa o assente o compiacente o superficiale.

Sicché anche superando la nausea e il disgusto che ci hanno sommerso, perché andare oltre? Come far capire al ministro della Cultura e ai suoi soci che lui in teoria è lì proprio per quello, per trattare le istituzioni culturali e quelle musicali in maniera diversa da come è stato fatto fino ad oggi, perché non sono prosciutti e formaggi da vendere e comperare? Come far capire alla politica locale che la cultura e la musica sono problemi complessi, da avvicinare e studiare con grande attenzione e professionalità, da lasciare in mano a chi ne capisce qualcosa, che non puoi mettere la gestione del più grande anfiteatro all’aperto del mondo, con orchestra, coro, maestranze e una volta un balletto, nelle mani di insipenti camerieri dei partiti? Come far capire che il cambiamento passa solo attraverso l’attenzione, la conoscenza, e il perseguimento sopra ogni altra cosa dell’interesse generale?

Il teatro voluto a sue spese dal grande tenore e manager Zenatello, che oggi ovviamente viene dimenticato, il palco dove “è nata Maria Callas”, dove tutti i più grandi sono passati e non solo alla fine delle loro eccezionali carriere; il tempio (una volta) desiderato e sognato da ogni grande artista, (altro che La Scala!); un’acustica miracolosa, un pubblico numerosissimo… la pelle d’oca solo al pensiero: divenuto il luogo dove anche di recente abbiamo dovuto assistere a rappresentazioni raccapriccianti, per approssimazione e risultati (Domingo 2022).

Il nuovo sindaco Tommasi aveva promesso di cambiare tutte queste cose. Non c’è riuscito. Dispiace che il governo e il ministro, in primo luogo, abbiano al contrario avvallato il perdurante declino. Ma non ci stupisce affatto. Purtroppo, ora il futuro (che include anche l’imminente Centenario) si prospetta ancora più nebuloso e chi ama la musica e la cultura a Verona e in Italia è sempre più senza parole.