Musica

Caro Franco Battiato, questo è il tuo primo compleanno senza di te: ti ricorderò sempre così

Ciao Franco, chissà ora dove sei. Chissà quale nuovo viaggio, dopo il transito terrestre, ha avuto in sorte la tua anima, quella stessa alla cui cura, tra meditazioni, letture e incontri straordinari, hai dedicato buona parte della tua esistenza. Oggi, se nel maggio dello scorso anno non ci avessi lasciato così, in punta di piedi e senza il minimo disturbo arrecare, avresti compiuto 77 anni, non troppi per i comuni mortali, decisamente molti per chi come te di vite in una sola ne ha vissute parecchie.

Nel corso degli anni sei cambiato tanto, e un passo dopo l’altro, di mutazione in mutazione, sei diventato una delle figure più importanti e celebri del panorama culturale italiano e internazionale. Una spina nel fianco per quelle accademie di cui ben due volte hai saputo farti beffa: la prima, dimostrando che anche chi parte con “Un disco per l’estate” può avere tutte le carte in regola per arrivare a realizzare produzioni di altissimo livello artistico, la seconda piantandole in asso quando credevano di aver trovato l’ennesimo autore snob, vanaglorioso e autoreferenziale. Era il 1979 e, interrompendo un finto quanto inutile idillio contemporaneo, pubblicasti il disco “L’era del cinghiale bianco”, testimonianza di un altro tipo di comunicazione possibile, né pretenziosamente colta né caricaturalmente commerciale, un atto di coraggio vero, una strada nuova, non ancora asfaltata ma già pronta per essere mappata e percorsa, dopo di te, da una lunga serie di artisti e musicisti magnetizzati dalla tua arte.

Non tutti ti hanno capito, alcuni ti hanno invidiato, ma tanti, tantissimi ti hanno veramente amato: hai aperto finestre, tanto musicalmente quanto poeticamente, a cui nessuno prima aveva mai nemmeno osato avvicinarsi, una scommessa che insieme al caro Giusto Pio hai creduto semplicemente possibile e che infine, infatti, hai vinto. Non un talento strumentale, esecutivo, interpretativo, il tuo: non sei mai stato, né hai mai desiderato essere, un virtuoso dello strumento. Il pensiero, altresì, il tuo spirito guida, la composizione, la costruzione, il concetto che prende forma, poetica e musicale, la più grande delle tue abilità, la prima delle tue naturali inclinazioni. C’è chi, pensando ai musicisti, è solito dividerli in due grandi famiglie artistiche, quella della sintesi e quella dell’innovazione: tutti i compositori rientrano più in una che nell’altra delle anzidette categorie, tutti quanti sono stati, nel loro tempo e luogo specifici, più sintetici o più innovatori. Contrariamente a quell’insolito vicino di casa che tanto ti ha ammirato e con cui hai condiviso metafisici orizzonti vulcanici, differentemente dal tuo amico Lucio Dalla, che della mirabile sintesi di una incredibile moltitudine di stili, influenze, generi e tendenze ha fatto la sua principale cifra autoriale, il tuo, come quelli di Morricone, Moroder, dei Beatles o dei Pink Floyd, è stato un genio del tutto innovatore: timbricamente, melodicamente, ritmicamente, poeticamente, concettualmente e iconicamente la tua produzione, tanto quella pop quanto quella sperimentale, ha segnato una netta linea di confine con tutto quello che vi circolava intorno, un confine chiaro, nitido ma mai esclusivo, mai elitario, sempre inclusivo, integrante, sempre pronto ad accogliere, collaborare, valorizzare il talento altrui facendone motivo di orgoglio personale.

L’apparente vuoto del tuo silenzio, facilmente equivocato dai soliti cultori del pensiero masturbatorio, ha altresì riempito di senso l’esistenza di vite in cerca di risposte, gravide di domande, consapevoli di un altrove: quello che tu, concependo l’arte non come misero fine ma quale nobile mezzo di sviluppo, crescita, evoluzione e progresso, hai saputo velare tra le pieghe dei tuoi testi, tra le maglie dei tuoi suoni, nell’estetica dei tuoi gesti. Oggi, caro Franco, è il tuo compleanno, il primo senza te: non senza però quell’enorme eredità musicale, poetica, filosofica e concettuale che ci hai lasciato. Ti ricorderò sempre così, con quel tuo “sguardo feroce e indulgente, per non offendere inutilmente”. Auguri Maestro.