Incipit: “La pioggia si è rovesciata sulla festa senza il preavviso di un tuono, nessuno degli invitati aveva visto le nuvole addensarsi sopra le colline scure di boschi. Eravamo seduti alla lunga tavola sul prato quando l’acqua ha cominciato a colpirci”.
Tre domande a Donatella Di Pietrantonio
Che significato ha Borgo Sud per lei?
“Borgo Sud” è il punto di arrivo della mia ricerca narrativa sui temi della maternità inadeguata, della sorellanza e dell’abbandono, in una parola sul disamore che le mie protagoniste patiscono nella famiglia di origine. È un percorso di emancipazione da un’appartenenza che a volte divora e a volte diventa una forza. Per me questo romanzo rappresenta anche il compimento di un lavoro in sottrazione sullo stile e sulla lingua, fino a ottenere un impasto tra l’italiano e un gergo che non corrisponde a nessun dialetto reale, ma è una sorta di mediazione usata da fasce di popolazione che non hanno avuto un vero accesso alla lingua nazionale.
Perché scrive?
La scrittura è stata, fin da piccola, la possibilità di dare senso a un mondo che trovavo incomprensibile e non a misura mia. Intuivo che le parole erano una forma giusta per contenere la solitudine di una bambina circondata da adulti molto presi dal lavoro della terra. Sono state, le parole scritte, anche un modo per andare via da lì, con la mente, allora e per sempre.
Chi vince il premio Strega 2021?
Chi prende più voti, evidentemente.
Di Pietrantonio ha 59 anni, è originaria di un paesino di montagna in provincia di Teramo ed è una dentista per bambini. Borgo Sud è una sorta di seguito de L’arminuta che ha vinto il Campiello nel 2017.