Società

Quando ‘il frullatore’ si rompe ma voi avete fretta e va via un dito ma… è il prezzo da pagare

di Franco Failli

Pensate a un frullatore. Se lo aprite si ferma. Le lame girano solo quando le dita sono lontane. E se c’è un guasto, si accende una lucetta per dire: non mi usare! Ben pensato, non c’è che dire. Ma voi avete fretta. Dovete fare la torta per il compleanno del bambino, e deve essere la più bella. Dovete frullare tanto di tutto, e non c’è tempo. La vostra torta rischia di non essere la preferita perché anche vostro cognato sta facendo la sua. E bara. Usa sostanze alterate chimicamente, che fanno prima a mescolarsi. E che poi hanno anche colori più belli. E il sapore naturale, quel bel sapore che avrebbe il vostro dolce, non interessa più a nessuno. E allora sarà il suo dolce a essere preferito.

Allora perché qualcuno assaggi la vostra torta dovete almeno arrivare primi. E togliete la sicurezza. Tagliate un filo e tenete il tappo del frullatore aperto per fare prima a togliere il frullato e mettere dentro la roba da frullare ancora. E della lucetta che lampeggia disperata ve ne fregate altamente. E via un dito. È il prezzo da pagare, dirà qualcuno. Ma il prezzo da pagare a chi? Prezzo stabilito da chi? A queste domande oggi non sembra esserci risposta. “È stabilito dalla invisibile mano del mercato” avrebbe detto Adam Smith. Ma agli Adami, che vaneggino di mercati prestigiatori o mele regalate, non ci crede più nessuno.

Però la mano occulta c’è davvero, anche se non è quella del mercato. È la mano della criminalità, o meglio, del comportamento criminale. Il comportamento di chi si avvantaggia sui concorrenti non pagando le tasse dovute alla propria comunità. Il comportamento di chi si fa smaltire a costo quasi zero i fanghi tossici dalla mafia, o di chi finge di fare impresa ma in realtà sta riciclando i soldi del mercato della droga. Il comportamento di chi corrompe la politica per farsi fare leggi che avvantaggiano solo lui, o di chi corrompe la giustizia per farla franca nonostante tutto. Il comportamento di chi usa manodopera tenuta in schiavitù, senza tutele, pagata una miseria.

Sono questi i nostri “cognati”. Sono loro che drogano non la panna, ma il mercato, il lavoro, il mondo, e fanno in modo che qualcuno sia spinto, costretto, ad aprire il frullatore e disattivare ogni sicurezza per poter agire sul tempo. L’unico fattore sul quale, da non criminale, o meglio da non ancora criminale, riesce a pensare di agire per non soccombere. Ma poi c’è il dito. Quel dito che non è più al suo posto, che è rimasto nel frullatore a tingere di rosso la panna. A tingere di nero la vita di chi rimane e si chiede: “Ma perché?”

Ma i perché non si possono dire. Bisognerebbe dire che è stato perché c’è una guerra in atto, fomentata da un modello economico, un modo di vivere, criminale e scellerato, che ha prodotto disparità e tensioni, saccheggiato il pianeta creando pattumiere oceaniche. Bisognerebbe dire che è stato perché siamo irragionevolmente avidi, incapaci di aspettare il giusto tempo e di dare il giusto prezzo alle cose, e poi di pagarlo, garantendo dignità a chi ha lavorato per crearlo. Bisognerebbe dire anche che la scelta automatica del prezzo più basso ce la hanno iniettata nelle vene insieme agli stipendi da fame ai quali ci siamo rassegnati. Alla sempre maggiore distanza tra ricchi e poveri, con i nuovi poveri, i giovani poveri, che stanno diventando, anche loro, masse oceaniche e quindi riserva inesauribile di mani da far lavorare e di dita da mozzare.

E invece qual è il perché che ci viene scodellato davanti? “Il frullatore non era abbastanza sicuro”. “Dobbiamo migliorare la sicurezza dei frullatori”. “Dobbiamo spiegare come usare i frullatori e qual è il significato di quella famosa lucetta”. Ok, va bene. Spieghiamo tutto sui frullatori. Ma qualunque sia il prossimo frullatore che compreremo, se non fermiamo nostro cognato, e se gli invitati non saranno educati ad apprezzare di più la nostra torta, che è fatta lentamente, che forse è meno bella, ma che è certo più sana per tutti, continueremo ad avere sempre meno dita.

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