Un anno fa, con il lockdown, le Caritas diocesane sono state travolte dalle richieste di aiuti alimentari. Poi nei centri di ascolto di Milano, Genova, Torino, Treviso, Roma, Napoli e Palermo sono arrivate persone che mai avrebbero pensato di non farcela da sole: la classe media che con la pandemia è finita gambe all'aria. E le necessità sono cambiate. Così è un nato un welfare parallelo a quello statale che comprende progetti di riqualificazione professionale, tirocini, finanziamento di piccoli progetti di lavoro autonomo
“Le richieste sono aumentate del 50-60%”, racconta da Palermo il vicedirettore della Caritas don Sergio Ciresi. “All’inizio soprattutto da lavoratori in nero, ambulanti, badanti e colf. In autunno e inverno abbiamo visto un nuovo picco e ora siamo nel pieno della seconda ondata di aiuti. Le attività commerciali, il settore turistico, la ristorazione, le palestre…tutte le attività chiuse si stanno rivolgendo a noi. Certo, hanno ricevuto qualche bonus, gli sfratti sono bloccati e per i dipendenti c’è la cig, ma spesso hanno difficoltà ad affrontare qualsiasi spesa extra. Ci chiedono di pagare le utenze o la spesa, di acquistare farmaci”. Anche nel capoluogo siciliano sono stati poi organizzati corsi di formazione professionale per chi era rimasto senza lavoro. “Poi ci sono tutti quelli che già prima erano in una situazione precaria: gli stranieri irregolari, le persone che occupano una casa abusivamente”. In parallelo sono andati avanti i progetti per l’emarginazione più grave, a partire dalle persone senza fissa dimora.