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Prestito a Fca, fino a 1,2 miliardi ai fornitori esteri. L’impegno a non delocalizzare vale solo per le versioni esistenti di alcuni modelli

Garanzia statale in dirittura di arrivo: manca solo il decreto del ministero dell'Economia. Gli accordi con la società pubblica Sace prevedo tra l'altro 5 miliardi di investimenti in Italia, ma sono gli stessi già promessi dall’ad Mike Manley. E l'utilizzo dei soldi per pagare la filiera non sarà limitato ai produttori di componentistica italiani

Il discusso prestito da 6,3 miliardi di Intesa Sanpaolo a Fca con garanzia statale è in dirittura di arrivo. manca solo il decreto del ministero dell’Economia con il via libera finale. In cambio lo Stato, tramite la società pubblica Sace che sottoscriverà la garanzia, ha chiesto al gruppo di rispettare alcuni impegni. Che però, stando ai contenuti resi noti domenica dal Sole 24 Ore, non spazzano via tutti i dubbi sul rischio che quei soldi finiscano fuori dall’Italia e che il produttore automobilistico dopo l’annunciata fusione con i francesi di Psa opti per ulteriori delocalizzazioni.

Tra gli impegni, come già annunciato, ci sono 5 miliardi di investimenti in Italia, anche in nuove tecnologie legate all’auto elettrica. Ma si tratta degli stessi 5 miliardi promessi dall’ad Mike Manley già nel 2018 e poi confermati nel 2019 dopo un tira e molla sull’ecobonus inserito in legge di Bilancio dal governo gialloverde. Ancora ipotetici, invece, altri investimenti aggiuntivi in Italia: si parla di 200 milioni per il sito di Melfi dove stando agli annunci verrà spostata anche la produzione della Compass.

I soldi del prestito verranno usati per 800 milioni per pagare il personale degli stabilimenti italiani e per 4,5 miliardi come circolante per far fronte tra il resto al pagamento della filiera, più 1 miliardo che andrà alla ricerca e sviluppo. La filiera però non sarà limitata ai fornitori italiani come ventilato nei giorni scorsi: circa il 15% dei fornitori sono stranieri, ricorda Il Sole, e a loro andranno fino a 1,2 miliardi.

Quanto al rischio delocalizzazione, Fca si impegna a non spostare all’estero otto progetti industriali su dieci. Ma vale solo per le versioni attuali e loro aggiornamenti, non per veicoli modificati in maniera rilevante: vale a dire che eventuali nuovi modelli con requisiti tecnici avanzati potranno essere prodotti fuori dall’Italia. Per altri due progetti c’è la garanzia che resteranno in Italia “attività e strutture di progettazione”. La piena occupazione, più volte promessa, viene rinviata al 2023.