Cronaca

Silvia Romano, cocci di bottiglia sul davanzale di un vicino. Polizia scientifica esegue rilievi: “Ipotesi lancio di bottiglia contro finestra”

Il condomino che vive nell’abitazione al primo piano del palazzo ha chiamato la polizia dopo aver trovato sul suo davanzale dei cocci di una bottiglia, che lui non aveva rotto. Gli accertamenti sono in corso. La procura di Milano due giorni fa ha aperto un'indagine per minacce aggravate

L’attenzione sulla sicurezza di Silvia Romano, la cooperante italiana rapita in Kenya e liberata dopo 18 mesi in Somalia, è elevatissima. Questo perché la 24enne, che ha dichiarato di essersi convertita all’Islam spontaneamente, è stata sommersa di insulti e minacce sui social, tralasciando quelli arrivati dalla Camera per bocca di un deputato della Lega. Così tanti post e commenti da costringere la procura di Milano ad aprire un’indagine per minacce aggravate e la Prefettura a valutare di predisporre una tutela. Ed è anche per questo che la polizia scientifica ha svolto dei rilievi nell’appartamento che si trova sotto quello in cui vive la giovane in via Casoretto. Il condomino che vive nell’abitazione al primo piano del palazzo ha chiamato la polizia dopo aver trovato sul suo davanzale dei cocci di una bottiglia, che lui non aveva rotto. L’ipotesi è che la bottiglia sia stata lanciata in corrispondenza della finestra dove la ragazza si era affacciata per salutare il quartiere che le dava il benvenuto. “Non abbiamo sentito rumore e non ci sono danni, di notte teniamo chiuso tutto – ha detto il vicino Sergio Parisi – È normale che ci siamo spaventati, siamo preoccupati per Silvia, per tutti. Una settimana fa non lo avrei fatto, potrebbe essere stato anche un ubriaco ma in questo momento giusto era giusto segnalare ogni cosa alle forze dell’ordine, per salvaguardare l’incolumità nostra e del condominio”. Solo ieri un cittadino egiziano si era presentato come un ammiratore desideroso di esprimere la propria solidarietà provando, riporta l’Ansa, a intrufolarsi nel palazzo.

Intanto hanno cominciato proprio oggi ad analizzare le decine e decine di messaggi d’odio, e in particolare quelli con minacce di morte, gli investigatori del Ros dei carabinieri di Milano, guidati da Andrea Leo, che conducono l’inchiesta, coordinata dal capo del pool dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili. Gli investigatori in queste ore stanno passando al setaccio tutti i messaggi della campagna d’odio online che si è scatenata. La ragazza e la madre sono state sentite ieri da investigatori e inquirenti milanesi. Si è trattato di un’audizione in cui la giovane si è fatta conoscere e nella quale, oltre a parlare del suo periodo di volontariato trascorso in Kenya, ha messo in fila le minacce e gli insulti che, da quando è scesa dalla scaletta dell’aereo a Ciampino, sono andati moltiplicandosi e che l’hanno convinta ad aumentare la privacy anche sul suo profilo Facebook. Tra questi pure un post di Vittorio Sgarbi, il quale ha scritto che la giovane “va arrestata” per “concorso esterno in associazione terroristica”: messaggio che verrà vagliato dalla magistratura milanese, così come quello di Nico Basso, consigliere comunale di Asolo (Treviso), ‘venetista’ capogruppo della civica “Verso il futuro”, ed ex assessore leghista, che sotto la foto della giovane ha scritto “impiccatela” assieme ad alcuni biglietti e lettere e messaggio apparsi sul web con frasi davvero pesanti. E proprio per proteggerla, la palazzina dove vive e che si trova in uno dei quartieri popolari di Milano è presidiata notte e giorno dalle forze dell’ordine. Ora le indagini puntano ad individuare con precisione gli autori delle intimidazioni. Gli inquirenti stanno anche verificando eventuali collegamenti tra autori di messaggi e gruppi dell’estrema destra. Il padre e alcuni dei familiari più stretti verranno invece sentiti nei prossimi giorni dagli investigatori. Silvia potrebbe essere nuovamente ascoltata una volta che gli inquirenti avranno ‘selezionato’ il voluminoso materiale, tra insulti e minacce di morte.

La cooperante è bersagliata anche per il presunto riscatto pagato in cambio della sua libertà. Ma sollo ieri il ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva detto: “A me non risultano riscatti. Altrimenti dovrei dirlo”. “Perché la parola di un terrorista che viene intervistato vale più di quella dello Stato italiano?”, ha aggiunto riferendosi all’intervista al portavoce degli Shabaab che parlava del pagamento di un riscatto da parte dell’Italia.