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Elezioni Grecia, Tsipras paga il suo ‘obbedisco’ alla Troika. E non solo quello

Tsipras ha perso il centro e il voto dei cittadini medi, senza un euro in tasca e indignati per il nome concesso alla Macedonia. Il problema della classe dirigente, il ruolo della troika e le speranze di un nuovo ambientalismo

Traditore o salvatore (l’uno)? Raccomandato o speranza (l’altro)? In Grecia, e anche altrove, il dibattito sulle recenti elezioni anticipate che hanno visto il cambio della guardia tra il premier uscente Alexis Tsipras e il liberal-conservatore Kyriakos Mitsotakis si è arenato sulla contrapposizione ideologica tra destra e sinistra, mancando di analizzare invece cause ed effetti politici, contingenze che ancora persistono nel paese, percezioni personali che hanno avuto un preciso peso specifico nelle urne.

Syriza al 31% dimostra che lo zoccolo duro di sinistra e socialista legato al vecchio Pasok che vive nel ricordo di Papandreou è rimasto con il premier. Ma Tsipras ha perso il centro che nel 2014/2015 gli aveva dato fiducia, mentre oggi si è spostato sul versante di Nea Dimokratia, in grado almeno domenica scorsa (oltre che alle Europee e alle amministrative di maggio) di chiudere i fronti interni per offrire l’immagine di una squadra unita e pronta a un compito durissimo.

La principale accusa rivolta a Tsipras è di aver fatto marcia indietro con i creditori internazionali (dopo aver promesso di sconfiggere la troika) coprendosi di cenere e portando a casa un memorandum dalle condizioni peggiori dei precedenti. Il no dei cittadini al referendum del 2015 ma tramutato in un “obbedisco” di Alexis alla troika è stato visto da molti come una pugnalata alle spalle, compresa la rottura personale con l’ex ministro Yanis Varoufakis che, al netto di tesi, controtesi e retroscena, è stato l’unico ad essersi dimesso in questa storia di prestiti infiniti.

Inoltre ha mostrato una classe dirigente spesso modesta che non è stata capace di canalizzare al meglio gli interessi che i player del mondo hanno manifestato in Grecia, come i cinesi di Cosco. Oggi i greci hanno un salario minimo di circa 500 euro ma prezzi “milanesi”, zavorrati dalla super Iva e da tasse davvero insostenibili per un tessuto commerciale all’anno zero come quello ellenico. Di contro il sistema bancario è stato messo in sicurezza, il paese è tornato a finanziarsi sui mercati, la disoccupazione è sempre a livelli record e mostra un trend in calo. Ma la Grecia rimane legata ai suoi creditori fino al 2052.

L’accordo di Prespa sul nome Macedonia concesso a Skopje non è stato secondario nell’economia complessiva del voto, dal momento che mentre Tsipras raggiungeva un punto di contatto con Fyrom e Ue, dall’altro nelle piazze di Atene e Salonicco protestavano in tanti, non solo cattolici ortodossi, nazionalisti o suoi oppositori. Ma anche cittadini di centro o apartitici, indignati per un clamoroso falso storico.

Passaggio che in tempi non sospetti, nel 2008, venne messo nero su bianco da uno dei più prestigiosi archeologi del mondo. Stephen Miller, docente presso l’Università della California, assieme ad altri 200 colleghi scrisse all’allora Presidente americano Barack Obama chiedendo di non avallare il cambio di nome, per ragioni meramente storiche e non ideologiche né di stampo razzista. Osservò che la provincia settentrionale della Grecia è stata chiamata Macedonia per circa 3mila anni; inoltre è noto alla storia che i macedoni erano greci e che, di fatto, Alessandro Magno si considerava un discendente di Achille ed Ercole. E si chiese: “C’è qualche dubbio su questi fatti storici?”.

Il neo premier Kyriakos Mitsotakis, discendente della nota famiglia che ha già dato alla Grecia un premier e un ministro degli Esteri, è accusato di essere il volto vecchio di un paese in ginocchio. Al momento promette in 12 mesi di realizzare il suo programma, fatto di liberalizzazioni e meno tasse puntando in primis a non pagare più le euromulte a Bruxelles per le discariche abusive che proliferano in Grecia. Ai suoi detrattori ricorda che dal 1981 ad oggi per 17 anni ha governato il Pasok e solo per sette Nea Dimokratia. Di fatto oggi oltre al governo ha in mano moltissime amministrazioni locali, tra regioni, prefetture e comuni. Per cui è regista in solitario del proprio destino.

Twitter @FDepalo