Politica

Pace fiscale, tre regole per evitare le “manine” nei decreti

La democrazia trionfa nella trasparenza mentre imputridisce nell’opacità. La sceneggiata di questi giorni su “manine” o “manone” che modificherebbero i provvedimenti nottetempo, all’insaputa dei politici si può prevenire facilmente, per il futuro, con alcuni semplici accorgimenti.

1. I provvedimenti vanno annunciati solo quando c’è un testo definitivo

Anche su manovra e decreto fiscale, come prima sul decreto Genova e la lista sarebbe lunga, c’è stato un Consiglio dei ministri seguito da una conferenza stampa in cui i giornalisti potevano soltanto ascoltare. Ma non avevano in mano alcun documento. Risultato: i giornali si riempiono di indiscrezioni, di simulazioni, di ipotesi plausibili. Niente di ufficiale, niente di affidabile. I politici nel breve periodo incassano i titoloni, ma nel medio contribuiscono a corrodere la fiducia nella democrazia e si rifugiano nella cultura del sospetto quando vogliono sfuggire alle proprie responsabilità.

L’antidoto è semplice: la conferenza stampa e gli annunci si fanno quando esiste un documento, qualcosa da leggere e consultare. La povertà è stata “abolita” ma nessuno ha idea di come funzionerà il reddito di cittadinanza. Il condono fiscale è stato annunciato e, come ricorda oggi il sottosegretario Giancarlo Giorgetti su Repubblica, nessuno si auto-denuncia come evasore se sa di incorrere in conseguenze penali. Ma quanto è ampio questo scudo? Meglio saperlo con chiarezza subito. Invece tuttora non sappiamo neppure che cosa ha approvato il Consiglio dei ministri il 15 ottobre: la Lega dice che il testo che fa fede è quello della bozza datata 16 ottobre col maxi-scudo per riciclaggio e forse (è pur sempre una bozza) dichiarazioni fraudolente, i Cinque Stelle dicono che non è quella la versione valida.

2. Le leggi si scrivono in modo comprensibile

Non solo per gli elettori, ma anche per i politici che devono votarle. È chiaro che, anche ammettendo la buona fede, non tutti i membri del governo hanno la competenza per capire passaggi come questo, sullo scudo penale abbinato al condono: “Nei confronti dei contribuenti che perfezionano la procedura di integrazione o emersione ai sensi del presente articolo e limitatamente alle condotte relative agli imponibili, alle imposte e alle ritenute oggetto della procedura: a) è esclusa la punibilità per i delitti di cui agli articoli [2, 3,] 4, 10-bis e 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74; b) è altresì esclusa la punibilità delle condotte previste dagli articoli 648-bis e 648- ter del codice penale, commesse in relazione ai delitti di cui alla lettera a); c) si applica l’articolo 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n.167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227”.

Le “relazioni illustrative” non vanno presentate soltanto al Parlamento. Devono essere uno strumento a disposizione del governo e dell’opinione pubblica. I tecnici di palazzo Chigi o del ministero del Tesoro hanno tutte le competenze per affiancare agli ingarbugliati riferimenti normativi anche la traduzione in italiano. Così nessuno potrà poi accampare scuse e nessuno potrà nascondere norme imbarazzanti dietro la cortina di rimandi normativi.

3. In caso di controversie, basta pubblicare il verbale del Consiglio dei ministri

Una volta i Cinque Stelle facevano le riunioni in streaming, Matteo Salvini è riuscito a far uscire video perfino dalle riunioni internazionali con i ministri stranieri. Possibile che soltanto sul Consiglio dei ministri debba permanere un velo di segretezza? I verbali non sono consultabili neppure con l’accesso agli atti e il cosiddetto Foia, Freedom of information act all’italiana.

Se i due partiti di maggioranza vogliono aiutare l’opinione pubblica a capire chi ha ragione e cosa è successo, potrebbero pubblicare sul sito del governo il verbale del Consiglio dei ministri del 15 ottobre. Così almeno sapremmo cosa hanno discusso e con quali posizioni. Se nessuno ha niente da nascondere, perché evitare questa forma minima di trasparenza?

Il “cambiamento” si misura molto più da queste piccole cose che da qualche zero virgola di deficit in più (come se poi fosse una grande novità fare debito in questo Paese).