Capitoli

  1. Trattativa, i giudici: “Stato indebolito dai suoi esponenti. Paese in mano ai boss se fosse riuscito l’attentato all’Olimpico”
  2. Il giorno che cambia la storia d'Italia 
  3. "Lo Stato indebolito dai suoi stessi rappresentanti"
  4. "Senza la Trattativa del Ros nessun strage nel 1993"
  5. "Lanciare un messaggio ai carabinieri"
  6. Dell'Utri, Graviano e Spatuzza tutti in 50 metri
  7. Il fallitto attentato, l'arresto di Graviano, la vittoria di Forza Italia 
Mafie

"Senza la Trattativa del Ros nessun strage nel 1993" - 4/7

Uno scenario terrificante che non si è avverato solo per una coincidenza. Anzi tre. Lo spiega la corte d'Assise nelle motivazioni della sentenza sul Patto Stato - mafia: "L'occasionale fallimento della strage, l'arresto dei fratelli Graviano, l'affacciarsi di nuove forze politiche che soltanto col successivo declino mafioso sarebbero riuscite ad acquisire la necessaria autonomia inizialmente compromessa da risalenti rapporti di tipo economico/elettorale tra taluni suoi esponenti di primo piano e soggetti più o meno direttamente legati a Cosa nostra". Il riferimento è chiaramente per Forza Italia, il partito di Dell'Utri e Berlusconi

“Il cedimento dello Stato, già, di fatto, come si vedrà, iniziato dopo le stragi del 1992 per iniziativa di alcuni suoi esponenti (il Ros di Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno ndr) ed ancor più evidenziatosi dopo le stragi del 1993, sarebbe divenuto inarrestabile per l’impossibilità di fronteggiare quell’escalation criminale, senza pari nella storia del Paese, in un momento di forte fragilità delle Istituzioni, già travolte dal fenomeno di “mani pulite“, e di conseguente instabilità per l’affacciarsi anche di nuove forze politiche che soltanto col successivo declino mafioso sarebbero riuscite ad acquisire la necessaria autonomia di azione, inizialmente compromessa da risalenti rapporti di tipo economico/elettorale tra taluni suoi esponenti di primo piano e soggetti più o meno direttamente legati a Cosa nostra”.  Per i giudici gli effetti che “quell’improvvida iniziativa dei carabinieri ebbe nel tramutare la pregressa strategia mafiosa di totale ed incondizionata contrapposizione allo Stato decisa dopo la sentenza del ‘maxi processo‘ in quella nuova di sfruttare la debolezza oggettivamente manifestata dallo Stato (perché, per i mafiosi, Mori rappresentava, appunto, lo Stato, stante ciò che lo stesso Mori aveva fatto loro intendere) allorché aveva chiesto loro quali fossero le condizioni per porre termine alle stragi e, quindi, stabilire, appunto, tali condizioni (prime delle quali non potevano che essere il miglioramento della condizione carceraria e l’eliminazione dell’ergastolo) e, poi, “ricordarle” ancora con le successive stragi del 1993 al fine di piegare definitivamente la resistenza dello Stato”. Praticamente per la corte d’Assise è l’atteggiamento dei carabinieri che crea delle aspettative in Cosa nostra. E Cosa nostra conosce solo un modo di dialogare: mette le bombe. “È ferma convinzione della Corte che senza l’improvvida iniziativa dei carabinieri e cioè senza l’apertura al dialogo sollecitata ai vertici mafiosi che ha dato luogo alla minaccia al Governo sotto forma di condizioni per cessare la contrapposizione frontale con lo Stato, la spinta stragista meramente e chiaramente di carattere vendicativo riconducibile alla volontà prevaricatrice di Riina, si sarebbe inevitabilmente esaurita con l’arresto di quest’ultimo nel gennaio 1993”. Vuol dire che se gli uomini di Mori non avessero dimostrato voglia di interloquire con Cosa nostra le stragi di Roma, Firenze e Milano nel 1993 non ci sarebbero mai state.