Capitoli

  1. Trattativa, i giudici: “Stato indebolito dai suoi esponenti. Paese in mano ai boss se fosse riuscito l’attentato all’Olimpico”
  2. Il giorno che cambia la storia d'Italia 
  3. "Lo Stato indebolito dai suoi stessi rappresentanti"
  4. "Senza la Trattativa del Ros nessun strage nel 1993"
  5. "Lanciare un messaggio ai carabinieri"
  6. Dell'Utri, Graviano e Spatuzza tutti in 50 metri
  7. Il fallitto attentato, l'arresto di Graviano, la vittoria di Forza Italia 
Mafie

"Lo Stato indebolito dai suoi stessi rappresentanti" - 3/7

Uno scenario terrificante che non si è avverato solo per una coincidenza. Anzi tre. Lo spiega la corte d'Assise nelle motivazioni della sentenza sul Patto Stato - mafia: "L'occasionale fallimento della strage, l'arresto dei fratelli Graviano, l'affacciarsi di nuove forze politiche che soltanto col successivo declino mafioso sarebbero riuscite ad acquisire la necessaria autonomia inizialmente compromessa da risalenti rapporti di tipo economico/elettorale tra taluni suoi esponenti di primo piano e soggetti più o meno direttamente legati a Cosa nostra". Il riferimento è chiaramente per Forza Italia, il partito di Dell'Utri e Berlusconi

Ma perché i giudici chiamati a giudicare la sussistenza o meno del reato di violenza o minaccia a un corpo politico dello Stato si occupano di un fallito attentato e di come avrebbe potuto cambiare la storia italiana? “Tali considerazioni, ancorché apparentemente estranee alle competenze della Corte, appaiono necessarie per sottolineare come ancora una volta in quelle vicende si sia dimostrata fallace e illusoria la speranza di coloro che ritennero di potere attenuare la pressione del fenomeno mafioso mediante politiche ‘al ribasso’ nell’azione di contrasto al fenomeno medesimo e forme di convivenza con questo purché venissero abbandonati i picchi più eclatanti ed evidenti dell’azione criminale che maggiormente allarmavano (e allarmano) l’opinione pubblica”. Un giudizio che vale un’intera sentenza e su cui però i magistrati presieduti da Alfredo Montalto, aggiungono: “Ciò seppure occorra distinguere, poi, tra coloro che, più o meno implicitamente, ma, comunque, consapevolmente, sollecitarono tali forme di convivenza mediante intese più o meno sotterranee e coloro che, come il ministro Conso (Giovanni, ministro della Giustizia dal 13 febbraio 1993 al 10 maggio 1994 ), con una diversa consapevolezza che atteneva non già alla suddetta scelta sollecitatoria, ma solo alla ritenuta obbligatorietà morale di una decisione finalizzata ad evitare nefaste conseguenze, furono, di fatto, soltanto vittime della violenza della minaccia mafiosa”. Tradotto: prima arrivare a quel mancato colpo di grazia ci vollero tutta una serie di colpi precendenti che indebolirono le istituzioni. E quei colpi non sono solo le stragi, ma soprattutto la disponibilità al dialogo dimostrata dai vertiti dei carabinieri del Ros.