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Cinema

Film in uscita al cinema, cosa vedere e non nel fine settimana del 6 aprile - 2/9

A QUIET PLACE di e con John Krasinski, IL GIOVANE KARL MARX di Raoul Peck, LOVERS di Matteo Vicino, I SEGRETI DI WIND RIVER di Taylor Sheridan, SUCCEDE di Francesca Mazzoleni, CHARLEY THOMPSON di Andrew Haigh, THE CONSTITUTION di Rajiko Grlic, IL MISTERO DI DONALD C. di James Marsh, QUANTO BASTA di Francesco Falasch: anticipazioni e recensioni

IL GIOVANE KARL MARX di Raoul Peck, con August Diehl, Stefan Konarske Vicky Krieps. Francia/Germania/Belgio 2017. Durata: 118’. Voto 3,5/5 (AMP)

“Parlare al grande pubblico senza distorcere la realtà storica”. Raoul Peck su Karl Marx, versione giovanile. Lo statement ambizioso precursore di un progetto filologico profondo e imponente. La bella notizia è che il grande regista haitiano è riuscito nell’impresa. Ed è bello lasciare ancora a lui la parola quale gesto d’adesione nel giudizio al film: “Questo racconto della giovinezza di Marx non è romanzato, nel tipico senso cinematografico del termine. Siamo voluti rimanere il più vicino possibile al racconto vivo e reale di questi tre personaggi unici e inusuali, il più vicino possibile allo “Zeitgeist” di quell’epoca”. Difficilmente, comunque, si poteva restare delusi da un’opera preparata nella cura di sei anni di studi, summa di una vita dedicata all’approfondimento filosofico e politico quale quella di Peck, fra i più colti e cosmopoliti cineasti contemporanei. Ma il regista di I Am Not Your Negro – curiosamente in doppietta berlinese lo scorso anno con il presente titolo – non mette rispetto a Marx solo la propria cultura (e intelligenza) bensì ci mette la faccia (nera) e la nascita (haitiana) di chi è ontologicamente un disagiato ma ha avuto la fortuna di poter studiare. Perché tutto dipende da quello, e un uomo della statura (anche) politica di Peck non può scordarselo. L’ex ministro della cultura di Haiti ma anche direttore della prestigiosa Femìs di Parigi fa dialogare Storia e racconto cinematografico sottotraccia, evitando velleità linguistiche ma attendendosi a una chiarezza che talvolta può accusarsi didascalica, unica pecca riscontrata di tanto in tanto nello scorrere del lungometraggio. Il suo obiettivo – oltre allo statement proposto all’inizio – è quello di recuperare le motivazioni profonde che stavano ab origine della formulazione del Manifesto del Partito Comunista di cui quest’anno si celebrano i 170 anni. Al centro, dunque, non possono che essere gli anni giovanili di Marx (con la moglie Jenny) ed Engels, e la capacità di questi straordinari pensatori di rivoluzionare il mondo da poco più che ventenni. Nessun filtro se non quello – appunto – della narrazione agevole per spettatori transgenerazionali e transculturali, e il pregio di fonti primarie come i copiosi epistolari fra Marx ed Engels fra il 1843 e il 1850. Lo Zeitgeist regna incorrotto e si esce dalla sala con qualche certezza in più.