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Donald Trump, la faina a guardia del pollaio

Per avere un’idea di come opera Trump (e il governo al suo comando) basta rifarsi a Pierino la peste che “Una ne fa e cento ne pensa!”. Infatti è proprio così, persino quando fa cose buone (perlomeno in apparenza) come quella di avviare un po’ di autarchia al fine di incentivare le produzioni interne Usa, riesce a farlo con quella grazia che gli è tipica (l’elefante in cristalleria).

E’ arrivato a Davos osannato da tutti (come è normale per qualunque presidente Usa, anche se lui lo fa da “alieno”), ma lui ne ha subito approfittato per fare l’unica cosa che sa fare veramente molto bene: sparare spacconate galattiche per attrarre l’attenzione dei “media” e farsi così pubblicità gratuita (è una vecchia regola della pubblicità: non importa se i media parlano bene o male di te, l’importante è che ne parlino!). Lui è diventato miliardario grazie anche a questa semplicissima tecnica. Come i grandi istrioni sa come fare per farsi apprezzare dal suo pubblico. Per esempio con la sue recenti nuove regole sui dazi da imporre per l’ingresso in Usa di lavatrici dai paesi asiatici di elettrodomestici, pannelli solari, ecc.. E’ una promessa che aveva fatto in campagna elettorale e che finora aveva rinviato perché sa che è un’arma a doppio taglio (può far male anche all’America, non solo ai cinesi) ma ora ha deciso che è venuto il momento per tirarla fuori dal suo cilindro. Forse nel tentativo di recuperare un poco negli indici di gradimento dopo la figuraccia dello shutdown di cassa della scorsa settimana. E’ certo però che i cinesi e gli altri non staranno a subire le sue bizze economiche. Risponderanno, creando nuove alleanze che potrebbero lasciare proprio lui isolato.

Ma lui, dopo aver vinto a sorpresa la lotteria della Casa Bianca al motto di “America First” è convinto ormai che basti pronunciare quella parola magica per aprire qualunque porta. Invece non è per niente di buon auspicio constatare che quasi esattamente cent’anni fa partiva dall’Austria un paranoico che, con un motto quasi identico al suo (“Deutschland uber alles!”) ha concluso la sua esistenza solo dopo aver messo mezzo mondo a ferro e fuoco e con diverse decine di milioni di vittime.

Fare gli interessi del proprio popolo è un dovere di tutti i capi di governo, lo era persino nelle monarchie assolute, ma questi capi non devono dimenticare mai le regole della diplomazia e del buon vicinato perché… schiacciare i piedi agli altri senza alcun riguardo non e’ mai una buona strategia!

Flat tax, autarchia, stretta sull’immigrazione, ecc. sono diventati i suoi cavalli da battaglia. E i risultati per ora lo premiano. A Davos si presenta con un cartellino pieno di risultati economici positivi (molto per la nazione, poco per la gente, però). L’economia vola, la Borsa continua a salire e sfonda tutti i record precedenti, compresi quelli che anticiparono la “Grande Recessione” del 2008. Anche il primo impatto con la gente sulla “flat tax” è ovviamente positivo, dato che, nell’immediato, più o meno tutti risparmiano qualcosa sulle tasse da pagare. I conti veri si faranno però alla fine e per la classe media sarà un’altra batosta, perché quello che ti danno con una mano te lo tolgono con l’altra.

I risultati raggiunti in questo modo sono però come le vittorie degli sportivi che si drogano: non durano mai a lungo, e spesso finiscono con la carriera e il prestigio rovinati per sempre.

“Il dollaro, all’inizio del 2017 veniva scambiato quasi alla pari con l’euro, ora è arrivato a 1,25. Un calo del 25% in un solo anno è assolutamente straordinario. E naturalmente è visto malissimo da Draghi, che sa benissimo che gli Usa hanno già beneficiato di un lunghissimo periodo di favore dall’Europa quando tra il 2007 e il 2014 ha mantenuto un rapporto di cambio sul dollaro a lungo sopra il 30% e con picchi persino sopra al 50% (vedi tabella).

Alle domande dei cronisti di Davos, per tranquillizzare i mercati (sfruttando la sua nota credibilità) ha spiegato che non è assolutamente il caso di allarmarsi, lui vuole “America first” ma anche un dollaro forte (che è come sperare di ritrovare la botte piena dopo essersi ubriacati).

Gli economisti seri mettono sull’avviso che questo miraggio del mercato che sale sempre è una bufala colossale. Gli speculatori sono già pronti a spianare il risparmio di milioni di risparmiatori. Più salgono gli indici e più ci sara spazio per le operazioni “short”.

Robert Shiller (premio Nobel economia 2013) dice testualmente “The US stock market today looks a lot like it did at the peak before all 13 previous price collapses…” (Il mercato azionario oggi somiglia moltissimo a quelli che hanno preceduto i 13 precedenti crolli).

Se qualcuno spera davvero che sia proprio Trump ad avvisarli sono dei perfetti illusi. Con lui alla Casa Bianca e tutta la truppa repubblicana scelta da lui a controllare direttamente tutte le istituzioni è proprio come avere una faina a guardia del pollaio.

L’ottimismo di quei media che prima lo criticavano e ora lo applaudono (insinuando così nel pubblico l’idea che forse erano loro a sbagliarsi giudicandolo così male) è quindi del tutto fuori luogo. Se i mercati salgono ancora oggi, dopo aver spazzato via tutti i precedenti record, vuol dire solo che la caduta sarà ancor più pesante. Trump non ha certo cambiato pelle entrando alla Casa Bianca, prima era solo uno dei tanti speculatori in libera circolazione nei mercati, adesso ha fatto un gran salto di qualità e ha saputo farsi scegliere come faina a guardia del pollaio.