Oggi la sentenza per l’incidente ferroviario del 2009 in Versilia: "Ma il governo non è parte civile e la stampa è comparsa". A portare il peso della richiesta di verità i soli familiari. Come per tanti altri casi: da Ustica alla Terra dei Fuochi fino al terremoto dell'Aquila. Ilfatto.it ha raccolto il racconto dei parenti delle vittime, gli unici a battersi per chiedere giustizia e, di conseguenza, rinnovare almeno un po' il senso civico
All’Aquila il motto è stato “rompere le palle”. Le stragi silenziose: Terra dei Fuochi e Eternit
“Rompere le palle” è il motto di Antonietta Centofanti, zia di Davide Centofanti, classe ‘89, rimasto con altri 7 ragazzi sotto la Casa dello Studente a L’Aquila, distrutta dal terremoto il 6 aprile 2009, della quale i ragazzi segnalavano da tempo le crepe. “Né lo Stato né i Comuni si sono costituiti parte civile. Ci siamo sentiti soli in questo processo indecente – ricorda Antonietta – Ma abbiamo fatto un gran casino. Io rompo sempre le palle sulla sicurezza. E’ cambiato qualcosa? Credo proprio di sì”. Nel 2016 la Cassazione ha confermato le condanne per i tecnici della ristrutturazione e un responsabile del collaudo. Rompere le palle, sempre con rispetto, ha funzionato anche in un’altra tragedia lunga e muta, quella dell’Eternit. “Abbiamo fatto una marea di fiaccolate e sit in – evidenzia Bruno Pesce – Ci siamo guadagnati, sempre con massima serietà e rigore, una certa considerazione dalle istituzioni che ci ignoravano. Solo così abbiamo ottenuto risultati. E finalmente lo Stato, nell’ultimo procedimento, si è costituito parte civile”.