Capitoli

  1. Il disastro di Viareggio e le altre stragi di nessuno. “Lo Stato ci ignora, le tv spariscono: combattiamo noi per tutti”
  2. Pagina 1
  3. Pagina 2
  4. Pagina 3
  5. Pagina 4
  6. Pagina 5
  7. Pagina 6
  8. Pagina 7
Cronaca

Il disastro di Viareggio e le altre stragi di nessuno. “Lo Stato ci ignora, le tv spariscono: combattiamo noi per tutti” - 5/8

Oggi la sentenza per l’incidente ferroviario del 2009 in Versilia: "Ma il governo non è parte civile e la stampa è comparsa". A portare il peso della richiesta di verità i soli familiari. Come per tanti altri casi: da Ustica alla Terra dei Fuochi fino al terremoto dell'Aquila. Ilfatto.it ha raccolto il racconto dei parenti delle vittime, gli unici a battersi per chiedere giustizia e, di conseguenza, rinnovare almeno un po' il senso civico

Viareggio, la figlia di tutte le stragi: “Ora camminiamo tutti insieme”

Per questo, ad ascoltare la lettura della sentenza sulla strage di Viareggio, oggi, al polo fieristico di Lucca, ci saranno anche Loris e Antonio. Sanno che i parenti delle vittime delle stragi hanno spesso sensazioni simili. Si sentono abbandonati, ignorati dallo Stato, emarginati dai giornali e dalle tv. Per questo sono solidali tra loro, si tengono per mano, organizzano cortei, tengono uno lo striscione dell’altro. “Essere con noi non vuol dire piangere – spiega Marco Piagentini, superstite della strage di Viareggio – perché il dolore non si può condividere. Significa camminare insieme. La solidarietà è la cosa più importante e si esprime solamente con la presenza”.

Ed è quella moneta, più preziosa dei risarcimenti delle assicurazioni, che è mancata quasi sempre in questi 8 anni. “La stampa nazionale, salvo i momenti cruciali del processo, ci ha lasciato soli – racconta Piagentini che per il disastro di Viareggio ha perso la moglie e due figli – Così come lo Stato, che non si è costituito parte civile. A Viareggio delle persone sono state uccise barbaramente, anche bambini, i miei, per un profitto. Ora troviamo le responsabilità, per dare un esempio positivo”. Marco vuole un mondo migliore. Non è un caso che l’associazione che guida e che riunisce i familiari si chiami Il Mondo che Vorrei. L’ha fondata Daniela Rombi, che nel disastro ferroviario ha perso la figlia Emanuela, 21 anni. “Non possiamo veder svanire tra un mese due reati importantissimi come l’incendio e le lesioni, per la prescrizione – dice – Dopo il primo grado la prescrizione deve fermarsi, sennò viene meno la certezza della pena. Mi sono stufata di sentirmi dire ‘eh, ma siamo in Italia’. Se c’è qualcosa che non va, bisogna cambiarlo”.