Capitoli

  1. Sostegno, un altro anno nero: cattedre coperte dai non specializzati. Mentre in molte zone gli abilitati sono disoccupati
  2. FROSINONE - “Lavoro solo 6 ore a settimana e ogni anno mi fanno seguire uno studente diverso”
  3. TORINO - “Volevo restare al fianco del mio alunno, non me l’hanno permesso”
  4. CROTONE - “In tante scuole c’è bisogno di me, sono ‘intrappolato’ nelle graduatorie del Miur”
  5. LECCE - “Ho investito tanto sulla mia formazione. Perché sono a casa?”
Scuola

LECCE - “Ho investito tanto sulla mia formazione. Perché sono a casa?” - 5/5

Il sistema incompiuto danneggia gli alunni disabili e le loro famiglie, ma anche i docenti, perché tutto è ancora basato sulle supplenze temporanee (su cui lo Stato risparmia). All’ultimo concorsone nella maggior parte delle Regioni c’erano meno candidati che posti messi a bando. Da qui il paradosso: al Nord i presidi disperati sono costretti a mandare in cattedra insegnanti senza il titolo di specializzazione. Al Sud docenti qualificati restano a casa e, a causa del blocco delle graduatorie, non si possono nemmeno spostare. Ecco le loro storie

Così viene da chiedersi a cosa serva studiare e spendere tempo e denaro in titoli che finiscono per non valere nulla. Lo fa ormai quotidianamente Adriana Maggiore, laureata a pieni voti e con specializzazione sul sostegno. Nel gennaio 2015 ha deciso di investire sulla specializzazione nell’insegnamento ai disabili: da marzo a maggio dello scorso anno ha superato ben tre prove selettive, ha pagato i corsi universitari. “Ma non è servito a nulla. Ad oggi non ho ancora ricevuto nessuna convocazione”, spiega. “Tutti parlano dell’importanza dell’inclusione e della formazione. Ma allora mi dico: perché sono a casa? Dove sta la coerenza di una politica che predica la valorizzazione delle competenze e della meritocrazia, e poi non le sfrutta?”. Un’altra domanda a cui “La Buona Scuola” di Stefania Giannini e Matteo Renzi non è ancora riuscita a trovare una risposta.