Capitoli

  1. Sostegno, un altro anno nero: cattedre coperte dai non specializzati. Mentre in molte zone gli abilitati sono disoccupati
  2. FROSINONE - “Lavoro solo 6 ore a settimana e ogni anno mi fanno seguire uno studente diverso”
  3. TORINO - “Volevo restare al fianco del mio alunno, non me l’hanno permesso”
  4. CROTONE - “In tante scuole c’è bisogno di me, sono ‘intrappolato’ nelle graduatorie del Miur”
  5. LECCE - “Ho investito tanto sulla mia formazione. Perché sono a casa?”
Scuola

FROSINONE - “Lavoro solo 6 ore a settimana e ogni anno mi fanno seguire uno studente diverso” - 2/5

Il sistema incompiuto danneggia gli alunni disabili e le loro famiglie, ma anche i docenti, perché tutto è ancora basato sulle supplenze temporanee (su cui lo Stato risparmia). All’ultimo concorsone nella maggior parte delle Regioni c’erano meno candidati che posti messi a bando. Da qui il paradosso: al Nord i presidi disperati sono costretti a mandare in cattedra insegnanti senza il titolo di specializzazione. Al Sud docenti qualificati restano a casa e, a causa del blocco delle graduatorie, non si possono nemmeno spostare. Ecco le loro storie

“Sono sei anni che lavoro sul sostegno, con esperienze sempre meravigliose quanto difficili, ma non ho mai visto una situazione grave come quest’anno”. Ferdinanda Martin è amareggiata. Chiede solo “di lavorare al fianco di ragazzi e ragazze disabili”. Una laurea quinquennale in Psicopedagogia con specializzazione sui disturbi gravi dell’apprendimento e della personalità non basta, però: “Speravo che con la riforma le cose migliorassero, invece sono peggiorate, è un incubo. Siamo a oltre un mese dall’avvio delle lezioni e nella nostra provincia le assegnazioni sono state appena fatte, e peraltro sono insufficienti”. A lei non è andata benissimo, pur avendo un’ottima posizione in graduatoria: ha ricevuto soltanto una convocazione per fare 6 ore a settimana e per un periodo limitato all’assenza di una collega a riposo per l’allattamento del figlio. “Mi resta solo l’indignazione per quanto stiamo vivendo. Ma penso anche a chi sta peggio di me, senza lavoro, abbandonato dallo Stato”.

(Scorri le pagine successive per leggere le storie dei docenti)