Nel suo libro Status quo l'ex consigliere di Palazzo Chigi racconta il fallimento del governo nel ridurre davvero la spesa pubblica e eliminare privilegi. Dalla cancellazione "per sospetta incostituzionalità" di una norma che avrebbe irrobustito i paletti agli stipendi dei manager pubblici fino ai compensi dei consiglieri regionali, che salgono nonostante il tetto. Le partecipate? "Nella riforma nessuno spunto pratico per ridurle". Risultato: poche risorse per le fasce più deboli, fiducia dei cittadini nello Stato a picco
Peccato che ridurre in modo significativo gli 800 miliardi di spesa pubblica non sia il pallino di un economista fissato con il mito dell’austerità ma, come Perotti spiega con chiarezza cristallina, un presupposto indispensabile per fare quello che più sta a cuore ai cittadini: tagliare le tasse. Che con Renzi “un poco sono scese”, riconosce l’ex consigliere, ma troppo poco. Per ridurle seriamente “bisogna ridurre anche la spesa, ora”. Perché “il vincolo di bilancio è impietoso”, nonostante “la fantasia apparentemente inesauribile di chi crede di poterlo aggirare”. E, se è vero che quando l’economia è in recessione può essere accettabile rinviare i tagli più drastici, è indispensabile non solo dare a mercati e contribuenti il segnale che l’intenzione c’è, ma soprattutto che l’esecutivo ne ha la capacità. Niente affatto scontata, appunto. La spending review è imprescindibile anche per poter realizzare le riforme tanto care al premier senza che queste “costino voti e danneggino le fasce deboli della popolazione“, cioè avendo a disposizione risorse da spendere “per aiutare le fasce deboli nella transizione“.