Società

Francia, contro l’Islam cresce l’intolleranza dei cattolici

Le Monde ha pubblicato circa dieci giorni fa un sondaggio dell’Ifop (Institut Français d’Opinion Publique) dal titolo: “I cattolici praticanti sono diventati meno tolleranti verso i musulmani”. A luglio 2016 il 45% dei cattolici esprimeva la convinzione che l’Islam rappresenta una minaccia, mentre solo un anno prima solo il 33% era di questo avviso. Certo l’assassinio di padre Jacques Hamel nella chiesa Saint Étienne-du- Rouvray è stato giustamente vissuto come un atto di barbarie rivolto verso un prete anziano e indifeso e certamente ha influito sullo spostamento delle opinione pubblica verso posizioni di preoccupazione e di rifiuto dei musulmani.

Il risultato del sondaggio dell’Ifop è da considerare estremamente importante non solo perché riguarda i cattolici praticanti, ma perché è, a mio parere, una spia delle tendenze di una società tutta intera. Nel caso specifico non possiamo sottovalutare che questa posizione dei cattolici si manifesti all’indomani delle dichiarazioni del Papa, quando, alla fine di luglio, dopo le giornate della gioventù in Polonia, aveva dichiarato a chiare lettere che non bisognava parlare di violenza islamica e dunque non si poteva identificare l’Islam con la violenza.

Tutte le religioni – aveva poi continuato Papa Francesco – esprimono dei gruppi fondamentalisti ma questo non ci autorizza a una identificazione tout court con la religione stessa. E’ evidente l’importanza di tale sondaggio che indica in maniera significativa gli umori di una società, quella francese, sottoposta a un attacco concentrico delle forze terroriste. La tenuta democratica dello stato è fuori discussione anche alla presenza di misure eccezionali varate dopo gli attentati. Ma la preoccupazione maggiore deriva dallo slittamento dell’opinione pubblica verso posizioni dettate da stati d’animo comprensibili, ma non condivisibili.

Come ad esempio l’amalgama che si è tentati di fare tra Islam e atti di terrorismo. L’Ifop mostra anche che dopo gli attacchi a Charlie Hebdo e al supermercato ebraico, l’opinione pubblica francese e forse anche internazionale, sposava con convinzione la tesi che questi atti di terrore non fossero assimilabili con la natura dell’Islam. Oggi lo slittamento verso una tale assimilazione è più evidente e ciò crea maggiori difficoltà ad anteporre un discorso razionale a quello emozionale. Le ricadute di tali posizioni si avvertono in diversi campi, soprattutto quello dell’accoglienza dei rifugiati. Non mi riferisco al ridicolo dibattito che si è aperto a Capalbio, ma a cose più serie.

Secondo i cattolici, stando ai dati del sondaggio Ifop riportato da Le Monde, è stato grazie alla visita del Papa all’isola di Lesbo se la percentuale di cattolici favorevoli all’accoglienza è cresciuta, anche se la visita non ha inciso minimamente su quelli che si dichiarano cattolici non praticanti. In ogni caso, nonostante le parole del Pontefice secondo cui non ci troviamo di fronte a una guerra di religioni, i cuori dei cattolici non sembrano esserne riscaldati. L’anno della misericordia non sembra controbilanciare le preoccupazioni dei cattolici verso un Islam che considerano aggressivo e pericoloso.

Se questa tendenza dovesse diventare maggioritaria, potremmo dire che i jihadisti, gli uomini del terrore, hanno prevalso. Siamo convinti che la stragrande maggioranza dei musulmani è contrario alla violenza e predica un Islam di convivenza. Qualche giorno fa il re del Marocco, Mohammed VI, ha fatto un discorso invitando tutti i marocchini che vivono all’estero a diventare difensori di pace (La Matinale du Monde 21/08). Esistono le azioni militari per sconfiggere gli eserciti del terrore. Occorre, però, porre la nostra attenzione sui disastri che in nome della lotta al terrore si stanno compiendo. Questa è una cosa di cui non si può far finta di niente, ma esiste un fronte interno che non può essere delegato solo alla polizia e ai servizi di intelligence. Abbiamo bisogno di siglare una santa alleanza con i musulmani per combattere insieme il terrore e modificare la percezione che si fa strada nell’opinione pubblica secondo cui l’Islam è sinonimo di violenza.