Politica

Federico Pizzarotti indagato, dall’inceneritore mai spento al debito ridotto: i 4 anni del sindaco-informatico

L'amministrazione del primo cittadino M5s tra difficoltà e obiettivi raggiunti. A poco più di un anno dalle prossime elezioni, il grillino affronta l'indagine per abuso d'ufficio e rischia di vedere incrinato ancora di più il rapporto con il Movimento a livello locale e nazionale

Le difficoltà di un informatico catapultato ad amministrare una città ridotta sull’orlo del baratro, il programma elettorale pieno di promesse di rivoluzione, a volte mancate, le battaglie perse come quella dell’inceneritore, gli scivoloni. E sullo sfondo, i battibecchi con Grillo e Casaleggio, il continuo tentativo di ritagliarsi un’autonomia dal Movimento pur dichiarando di volere cambiare le cose dall’interno, insieme agli altri, di ricucire i rapporti. Fino all’avviso di garanzia sulle nomine del Teatro Regio. Fin dalla sua elezione a Parma nel maggio del 2012, per Federico Pizzarotti il tempio della lirica cittadina è sempre stato croce e delizia, nodo cruciale nella terra patria di Verdi che doveva essere valorizzato, ma prima di tutto salvato dai debiti in cui lo avevano lasciato le precedenti amministrazioni di centrodestra. Uno dei primi gesti simbolici del sindaco neoeletto fu quello di togliere i biglietti gratuiti agli spettacoli per gli amministratori e i consiglieri. Faceva parte del taglio di quelle spese inutili in capo al Comune su cui i pentastellati marciarono acclamati nei primi mesi alla guida di Parma, che con oltre 800 milioni di debito rischiava il default insieme al suo teatro. Così via le auto blu, via gli omaggi allo stadio e al Regio, stipendi ridotti agli eletti del Movimento, annunciata massima trasparenza. Poi però sono arrivati anche i dolori. La rivoluzione Cinque stelle si è cominciata a spegnere nel camino di Ugozzolo, acceso un anno dopo l’elezione di Pizzarotti, nonostante i tentativi dell’amministrazione di bloccarlo. Da lì qualcosa si è spezzato anche nel rapporto di fiducia con i vertici Cinque stelle, che hanno rinfacciato al sindaco parmigiano di non aver fatto abbastanza: “Se io dico che chiuderò un inceneritore – aveva detto Gianroberto Casaleggio in un’intervista a ilfattoquotidiano.it – o lo chiudo o vado a casa”.

Intanto però, pur fra le polemiche per i disagi e il forno acceso, la raccolta differenziata porta a porta a Parma è arrivata al 75 per cento. E nonostante le critiche per le tasse e le tariffe alzate al massimo all’inizio del mandato, Pizzarotti e i suoi sono riusciti a ridurre il debito di oltre il 40 per cento in quattro anni e a salvare anche i conti del Regio con un piano di risanamento e rilancio. Nel 2014 la direzione affidata all’inizio a Carlo Fontana e Paolo Arcà, è finita con le loro dimissioni e ha portato poi alle tanto contestate nomine di Anna Maria Meo e Barbara Minghetti e all’indagine per abuso d’ufficio. Alcune rivoluzioni sono riuscite, come quella di togliere l’amianto dalle scuole o di firmare, primo sindaco in tutta Italia, a favore della regolamentazione della cannabis, altre si sono anche rivoltate contro lo stesso Pizzarotti, come quella del referendum senza quorum introdotto nel nuovo regolamento comunale, che poi però, quando è stato richiesto da un comitato di genitori contro l’esternalizzazione parziale dei servizi scolastici, è stato concesso dalla commissione di esterni nominata dal Comune quando ormai era troppo tardi per cambiare le cose.

Alle lotte con l’opposizione e i vari comitati cittadini si sono poi aggiunte negli anni le faide interne al Movimento. Pizzarotti da sindaco simbolo del sogno possibile dei Cinque stelle al governo, è diventato “il dissidente”, capace di oscurare con i suoi quasi 90mila di seguaci sui social network persino gli esponenti di spicco del Movimento e capace di attirare a Parma centinaia di attivisti con le sue “scuole dei sindaci” per gli aspiranti amministratori pentastellati. E poi sempre pronto, di fronte alle telecamere, a dire la sua, a chiedere un meetup nazionale per il confronto interno, oppure a intessere rapporti con i fuoriusciti dai pentastellati, come la senatrice Maria Mussini, con cui ha presentato ultimamente anche iniziative per ottenere finanziamenti proprio per il Festival Verdi e il Teatro Regio, o a partecipare come relatore alle scuole di formazione del Pd. Al punto che nei mesi scorsi per le amministrative del 2017 si vociferava di una possibile candidatura, mai confermata, fuori dal Movimento, magari con una lista civica sostenuta anche da una parte dei dem. Alle tensioni sempre più accese con i vertici del Movimento, si è aggiunto anche il fuoco amico nella sua stessa maggioranza, da cui si sono staccati i due consiglieri Fabrizio Savani e Mauro Nuzzo, che hanno formato un altro gruppo Cinque stelle nei banchi dell’opposizione. Le richieste di aiuto da parte di Pizzarotti per dirimere la questione sono rimaste inascoltate e da mesi Parma è rimasta isolata rispetto alla linea ufficiale del Movimento dettata dal blog di Beppe Grillo, che da tempo immemore ormai ha adottato la strategia dell’indifferenza nei confronti di quanto succede di bene o di male a Parma. Una strategia adottata anche per l’ultimo clamoroso caso dell’indagine che vede nel mirino il sindaco.