Capitoli

  1. Partiti, fino a 150mila euro per un seggio. Il tariffario della democrazia in vendita
  2. Il seggio più caro lo vende il PD: "150mila euro per candidarsi"
  3. Lega, un salvadanaio a forma di Porcellum. Per concorrere devi pagare 145mila euro
  4. Il contratto di Fi modello “Porta a porta”: 70mila per un posto in lista. Ma pochi versano
  5. I Cinque Stelle chiedono un "contributo obbligatorio" di 114mila (ma va allo Stato)
Palazzi & Potere

I Cinque Stelle chiedono un "contributo obbligatorio" di 114mila (ma va allo Stato) - 5/5

Le chiamano “erogazioni liberali” ma di libero hanno ben poco: quei “contributi volontari” in realtà sono obbligati in forza di scritture private, atti notarili e contratti fatti sottoscrivere ai candidati prima di metterli in lista. Chi non si impegna a versare non viene candidato, chi non versa non sarà ricandidato. I partiti hanno anche fatto in modo che i versamenti (a loro stessi) siano esentasse. Ecco le quotazioni, partito per partito

I Cinque Stelle fanno delle “restituzioni” materia di vanto e un tratto distintivo. Ma anche queste sono imposte come vincolo a chi vuole esser “democraticamente eletto”. L’impegno, a conti fatti, vale almeno 114mila euro, una cifra non molto diversa dagli altri partiti ma con una differenza non da poco: gli altri versano la quota al partito, il M5S la restituisce allo Stato. Ecco i conti. Ogni mese i parlamentari grillini possono percepire 5mila euro lordi, più gli altri benefit. E’ quanto prevede il “Regolamento” o codice di comportamento dei futuri parlamentari a Cinque Stelle comparso in occasione delle politiche 2013 sul blog di Grillo. A conti fatti rinunciano quindi a 2.500 euro lordi, circa 1.900 netti. Più quanto riescono a non spendere della diaria da 8mila euro circa. In un anno, mediamente, siamo intorno ai 114-130mila euro. Una cifra non così lontana dai candidati della Lega, un po’ inferiore di quella versata al Pd dai democratici. Anche in questo caso si parla di “contributi volontari” che in realtà sono obblighi imposti dal codice di partito. In caso di mancanto versamento, infatti, scatta l’espulsione.

Danilo Puliani è il fiscalista che si occupa di compensi e restituzioni per i gruppi (e di circa il 70% dei parlamentari a Cinque Stelle). Spiega che poco dopo l’elezione, tra fine aprile e inizio marzo 2013, ci furono diverse assemblee aventi ad oggetto il tema delle restituzioni. Tra i più sentiti, il fatto che le tasse sul reddito dei parlamentari dovessero essere pagate per intero, pur percependo loro una parte soltanto dei compensi. “Allora, di comune accordo, si decise di stabilire una sorta di agio per chi ha figli a carico o condizioni economiche più svantaggiate, consentendogli in via straordinaria di trattenere qualcosa di più dello stipendio in busta paga. Ma parliamo di piccole cifre”. Quanto ai rapporti con il Fisco per le restituzioni “il problema non esiste”. Quei soldi vengono versati direttamente su un conto Tesoro per il microcredito. “Per questo ai parlamentari del M5S non si è mai posto il problema di fare un versamento e poi farlo rientrare sotto forma di detrazione”.