Politica

Renzi: “No al reddito di cittadinanza, per combattere la povertà serve il lavoro”

Il premier durante il question time alla Camera ha chiuso definitivamente alla richiesta del MoVimento 5 Stelle di introdurre un assegno mensile di 780 euro per chi non ha altre entrate. Poi la difesa del taglio di Imu e Tasi e l'ennesima risposta a muso duro all'Europa: "Non rilevano le letterine europee, l’Italia è uno dei pochi Paesi Ue con le carte in regola"

No al reddito di cittadinanza perché la Costituzione “parla di diritto al lavoro” e per combattere la povertà bisogna puntare sull’incremento dell’occupazione. Parola di Matteo Renzi, che ha parlato a tutto campo durante il question time alla Camera. Ribadendo che il governo non intende prendere in considerazione la proposta targata MoVimento 5 Stelle in base alla quale chi non ha reddito ed è senza lavoro dovrebbe ricevere 780 euro al mese.

“E’ maturo il tempo per una misura sulla povertà”, ha spiegato Renzi, impegnandosi a “introdurre nella legge di Stabilità una misura” ad hoc, “in particolare contro quella infantile”. Ma “il reddito di cui abbiamo bisogno non è quello di cittadinanza: se riportiamo al segno più la crescita e gli occupati, giocoforza la povertà diminuirà”. Insomma, per combattere l’indigenza bisogna “innanzitutto creare lavoro, cosa che il governo sta facendo”. Il riferimento è agli ultimi dati Istat sull’andamento dell’occupazione in agosto, quando il tasso di disoccupazione generale è sceso all’11,9% ma quello dei giovani dai 15 ai 24 anni è risalito al 40,7%. Dati da cui però emerge anche che l’incremento degli occupati dipende in gran parte dall’attivazione di nuovi contratti a termine, non quelli stabili incentivati dagli sgravi fiscali introdotti dal governo e dal Jobs Act.

In più solo due giorni fa la Commissione europea è tornata a ricordare all’esecutivo che l’Italia, per far salire l’occupazione e spingere la crescita, dovrebbe ridurre il cuneo fiscale. Peccato che invece Renzi abbia deciso di partire da Tasi e Imu sulla prima casa, derubricando le critiche di Bruxelles a intromissioni indebite in scelte politiche nazionali. Concetto ribadito anche oggi: “non rilevano le letterine europee. L’Ue faccia ciò che deve, noi facciamo quello che dobbiamo nel rispetto dei ruoli”. La tassa sulla prima casa “sarà tolta per tutti e per sempre dopo 20 anni di balletto tolgo-rimetto, legandosi anche al fatto che esiste un problema di giustizia ed equità che deriva anche dal mancato aggiornamento del catasto”. Catasto che però il governo stesso ha rinunciato a riformare come invece era previsto dalla delega fiscale. E ancora: “Solo questa Camera, insieme al Senato, può decidere sulle politiche fiscali, non Bruxelles. Bisogna uscire dalla dinamica in cui ogni battito d’ali di una farfalla bruxellese costituisce un elemento di preoccupazione, talvolta particolarmente valorizzato dai media e anche dal nostro dibattito, perché in Europa l’Italia è una delle poche che va con le carte in regola“. Riferimento ai casi di Spagna, Francia e Regno Unito, che hanno sforato o sforeranno il rapporto deficit-Pil del 3%. Poi l’invito a smetterla di “vivere con un’atteggiamento di subalternità culturale”.

Renzi ha anche smentito che Palazzo Chigi, da quando ne è inquilino, spenda di più: “E’ falso: non c’è un aumento di spesa a palazzo Chigi, parlano i numeri. C’è una diminuzione di tre milioni di euro solo per la spesa corrente. Le auto di servizio sono state ridotte a 15. Siamo passati da 15 a 60 milioni di euro di spesa tra l’anno scorso e questo per il pagamento dei contenziosi legati alle borse di studio dei medici specializzandi”. Quanto alla polemica sull’uso degli aerei di Stato, divampata dopo il viaggio a New York per la finale degli Us Open, il premier rispondendo a un’interrogazione del M5S ha detto che “quando sarà ufficializzato l’intervento sulla flotta e sugli aerei vedremo come si sta risparmiando e anche su questo sarete smentiti dalla realtà”.