Ambiente & Veleni

Basilicata: no ai giacimenti di petrolio, sì a quelli culturali

Esplode la gioia a Matera, scelta come capitale europea della cultura 2019. E’ la prima città del Sud a ricevere questo titolo. La Basilicata, la regione più dimenticata d’Italia, potrà mostrare le sue montagne, i suoi paesi arroccati, le sue terre brulle, le sue tradizioni, le sue radici antiche, la sua dignità e nobiltà, al mondo. Ecco un patrimonio naturale, artistico, monumentale, umano che è vero giacimento culturale. Tasto dolente.

I “mercanti del Tempio”, invece, riconoscono la Lucania solo per lo sfruttamento petrolifero. Interessano solo i giacimenti di idrocarburi e di gas. Insomma affari, affari e affari. Un territorio e una popolazione umiliata. Uno scandalo che dura da anni. Paesi sventrati, terre violentate, ambiente massacrato a caccia dell’oro nero. Le trivelle delle multinazionali non guardano in faccia a nessuno. Questi “signorotti” dalle mani sporche sono sempre forniti di carte bollate, autorizzazioni e delibere ad hoc. Tutto in regola e se non si è in regola si trova sempre l’accordo.

L’esproprio della terra Lucana è la legge del più forte da queste parti. Espropriando, espropriando ormai anche la vita dei residenti e di chi è stato costretto ad emigrare è stata espropriata. La politica è naturalmente complice, parte integrante di un sistema infernale. Clientele e gestione del potere per il potere sono la cifra tragica di uno scempio inaccettabile. Gli ultimi tre governatori che si sono succeduti come le tre scimmiette sembrano abitanti di Marte.

L’attuale presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, fratello di Gianni, entrambi figli del “grande” patriarca Domenico detto Mimmì, un Silvio Berlusconi ante litteram, sembra cadere dalle nuvole. Nonostante da anni sia alla Regione con ruoli di primo piano e sul suo capo pesi anche un rinvio a giudizio per la rimborsopoli lucana (non si fa mancare niente) da governatore sembra aver adottato democristianamente il tipico cerchiobottismo. Al cospetto della “sua” gente comizia, fa proclami,  gorgheggia, mostra  le vene sul collo, s’indigna, insomma un masaniello. Mentre dice che i petrolieri non avanzeranno con le loro trivelle altrimenti sarà rivolta popolare poi  tira il freno a mano. Basta guardare la trasmissione “Agorà” andato in onda su Raitre il 20 ottobre. In un confronto a muso duro con il giornalista de il Fatto Quotidiano Antonello Caporale, il governatore  ha difeso e minimizzato lo scandalo delle “trivelle selvagge”  (guarda da 1: 17).  “Occorre coniugare la vocazione dell’asset strategico del turismo con quella che da anni  è una risorsa per il Paese, il petrolio oltre che il gas contribuisce al 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale. Su  131 Comuni solo 6 sono impegnati  nell’estrazione del petrolio”. Non è una sorpresa. Prima di lui alla guida dell’esecutivo regionale c’era Vito De Filippo, ora Sottosegretario alla Sanità. Ancora prima c’era Filippo Bubbico, adesso vice ministro dell’Interno. Tutte anime belle che di fronte ai provvedimenti contenuti nello scandaloso decreto “Sblocca Italia” o “Sblocca trivelle” non hanno neppure biascicato una sola parola.

Nella sostanza nel maxi provvedimento targato Matteo Renzi sono previsti nuovi programmi per le estrazioni di idrocarburi in terraferma, il via libero a nuove compagnie minerarie e il raddoppio delle estrazioni in Basilicata e in Sicilia. Così recita parte del famigerato articolo 38: “Le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”. Lo stesso presidente del Consiglio non è andato per il sottile ed ha testualmente dichiarato: Siamo in una forte crisi energetica e non estraiamo il petrolio che c’e’ in Basilicata e Sicilia. Io la norma per tirar su il petrolio la faccio, anzi l’ho fatta. Allora, potrò perdere qualche voto, ma lo tireremo fuori”. Cosa ancora più grave la Regione Basilicata nei fatti – come capita un po’ al Comune di Napoli per i suoli dell’ex Italsider di Bagnoli -viene esautorata dei suoi poteri in materia di Valutazione d’Impatto Ambientale e perfino nel campo urbanistico e paesaggistico. A gran voce sindaci, amministratori dei piccoli comuni, comitati civici, organizzazioni ambientaliste, gruppi di pressione stanno chiedendo la modifica degli articoli del decreto. La manifestazione del 15 ottobre a Roma sotto palazzo Chigi ne è prova. C’è il radicale Maurizio Bolognetti, protagonista di clamorose e appassionate denunce e autore di libri come “Le mani nel petrolio” che da giorni è in sciopero della fame contro l’inquinamento e l’interramento di rifiuti tossici. I lucani sono spettri non esistono, non hanno voce, non hanno uno straccio di diritti. C’è stato un invito formale al governatore Pittella di impugnare presso la Corte Costituzionale il “decreto sblocca Trivelle” per scongiurare il vero progetto che si nasconde: mettere a loro agio le compagnie minerarie pronte a petrolizzare le montagne ed il mare lucano – denunciano i comitati. Invece si nicchia, si vende fumo ai conzi, ai pecorari contadini, ai cafoni. S’istituisce una Commissione regionale speciale sul petrolio, si fanno proclami, si evoca addirittura la rivolta di Scanzano, si spolvera il Memorandum del 2011 e sotto, sotto però si tratta a tutto campo sulle royalties del petrolio, sul finto sviluppo, sull’ennesima grande occasione di una terra ormai ridotta allo spopolamento. Sono le popolazioni a decidere il destino della propria terra, i No Tav sono un esempio. La Basilicata deve restare capitale europea della cultura e non solo a partire 2019. Da queste parti i veri giacimenti sono quelli dei liberi saperi, della natura, dei paesaggi, delle tradizioni e della bella gente. Essere stata scelta come capitale europea della cultura per la Basilicata è una grande occasione per aprire gli occhi e mandare a casa una grigia, antistorica, putrefatta casta di politiconzoli. Ecco vale a presente e futura memoria.

Twitter: @arnaldcapezzuto