Politica

Governo di cambiamento? La speranza e l’omertà

E’ crollato un regime durato vent’anni. Ma rischiamo di tenerlo in vita per scoraggiamento e inerzia. Dei due principali partiti progressisti, il primo – il Pd – conta fra i suoi parlamentari ben centouno “traditori” (quelli che dovevano votare Prodi) ma nessuno, né renziani né bersaniani né chiunque altro, osa farne il benché minimo cenno. E’ chiaro che un partito in cui un parlamentare su quattro prima dice una cosa e poi ne fa un’altra non ha molta credibilità, indipendentemente da chi lo dirige in quel momento. Un caso tipico di omertà. Il secondo partito progressista, il M5S, fra un’elezione e l’altra ha perso metà dei voti. Ma è vietato parlarne, e se ti azzardi a farlo ti processano e ti buttano fuori. Anche questa è omertà.

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Intanto la produzione agonizza. Via quattro milioni di posti di lavoro. Le aziende imperterrite delocalizzano (nessuno parla mai di Marchionne: altra omertà!) e metà dei giovani è disoccupata. La destra è morta. Quelli che votavano Berlusconi o Lega, dopo vent’anni di promesse e spettacoli, all’improvviso si sono risvegliati in piena crisi. Si guardano attorno sempre più frastornati. A ogni elezione, la destra perde milioni di voti. E i progressisti che fanno? O inciuciano con la destra o si fanno i fatti loro: Epifani: “Irresponsabile dopo la condanna di Berlusconi far saltare il governo”. Grillo: “Collaborare con l’antigovernativo Marino? Voi dite sì, e io ordino no“.
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Ah, se i giovani dei due “progressisti” riuscissero a prendere in mano i loro partiti, mettendo delicatamente da parte i vecchi (e nuovi) leader ormai bolliti… La maggioranza dei votanti in Italia è per il rinnovamento, anche se divisa. Ma è sempre più scoraggiata. L’inciucio e le urla inconsulte infatti alla fine producono principalmente rassegnazione. Troppe “rivoluzioni totali” e troppi “salvataggi delle finanze” annunziati. Ormai a votare ci vanno solo i più politicizzati, metà degli italiani. Gli altri fanno già fatica a sollevare le palpebre sui telegiornali. Ormai quando i partiti vincono vuol dire che hanno perso solo un quarto dei voti. Il centrodestra dunque non c’è più, e il centrosinistra non sta troppo bene…. E dopo? Dopo, ci saranno una destra e una sinistra, com’è sempre stato. Come si comincia a vedere dappertutto, e non solo in Italia. Saranno un po’ difficili da riconoscere, perché nuove. Ma questo saranno.

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Addio Leader, addio “carismi”! La gente non cerca più Padri Pii politici come fino a pochi mesi fa (e come faceva da vent’anni). La politica è diventata troppo seria per lasciarla fare ai leader. Perché ora brucia davvero, sulle piccole vite quotidiane. Non ci sono salvatori supremi: questo almeno s’è cominciato a capire. Via Berlusconi, sparito Di Pietro, divorato Bossi, giù Grillo, illuso Renzi. Come negli anni iniziali, la politica di nuovo tende al collettivo.

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La vittoria dei movimenti a Messina non ha niente a che vedere col “centrosinistra” d’affari (qui il Pd è semplicemente il partito del padrone dei traghetti) ma nemmeno con Grillo, che qui era arrivato come Grande Nuotatore, con telecamere in prima fila. Neanche a Ragusa, dove il “centrosinistra” univa gli amici di Crocetta e quelli di Cuffaro, la presenza del leader ha influito granché: il M5S ha vinto – giustamente – perché localmente aveva un candidato conosciuto e perbene, sostenuto quindi da SeL e dai giovani Pd (qualcuno dei quali per castigo è stato grillato fuori dal partito). “Ma Crocetta con chi sta?” chiede qualcuno. Con chi vuoi che stia: con Sedara, con Crispi, coi Gattopardi. Prima stava con Lombardo, il successore di Cuffaro. Adesso ha un governo rivoluzionarissimo, pieno di vecchi notabili lombardiani o Udc. Auspicabile una diffidenza dei garibaldini per lui e per tutti i suoi passati interlocutori “rivoluzionari”, dai Lumia alle Alfano; con tutte le gradazioni intermedie, che non sono poche.

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Ma adesso, coraggio tutti. Non è vero che non c’è niente da fare, che debbono vincere sempre quelli. E’ vero soltanto che nessuno ci verrà a salvare, né Letta né Grillo nè nessun altro. Tocca farlo da noi. E questa è la lezione messinese. Vincere si può, senza bisogno nè di vaffanculi nè d’industriali del vaffanculo. Basta parlare serenamente dei problemi reali, alla gente reale, nelle strade reali. E non commettere mai l’errore di sentirsi Grandi Timonieri. La sinistra, quando ha funzionato, ha sempre funzionato così, senza sofisticherie e senza superbia. Ha avuto bandiere diversissime – e alle volte nessuna – ma non s’è mai discostata da questo semplice buon senso. Quando l’ha fatto è diventata un’altra cosa, e di questo è morta.

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Via Berlusconi. Governo di cambiamento. Confisca di tutti i beni mafiosi o da corruzione. Nuova politica industriale. E attuazione dell’articolo 41 della Costituzione: “L’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Governo di cambiamento vuol dire che vogliamo un governo che applichi la Costituzione, papale papale, niente di meno e niente di più di quello che c’è scritto. O qua bisogna fare come in Turchia?