Politica

Dell’Utri, storia di un impresentabile: da Mangano al boss della ‘ndrangheta

Una condanna definitiva per storie di mafia non l’ha mai avuta, ma quello che rende Marcello Dell’Utri il campione dei candidati impresentabili – oltre a una sentenza passata in giudicato nel 1999 per false fatturazioni – è la gran quantità di frequentazioni e contatti con boss e picciotti, al di là del loro rilievo penale. Palermitano trapiantato a Milano, braccio destro di Silvio Berlusconi, presidente di Publitalia del gruppo Fininvest, motore organizzativo di Forza Italia, senatore della Repubblica, Marcello Dell’Utri è stato un protagonista dall’economia e della politica italiana dagli anni Novanta a oggi (leggi la sua scheda nell’infografica di ilfattoquotidiano.it “Tutti gli uomini del presidente”). 

Nel medesimo arco di tempo sono stati provati i suoi rapporti con Vittorio Mangano, il celebre “stalliere” di Arcore, ma anche con Vincenzo Virga, capomandamento di Trapani e alleato dei Corleonesi, e con Aldo Micciché, consigliere del clan di ‘ndrangheta dei Piromalli e latitante di lungo corso in Venezuela. I collaboratori di giustizia gli attribuiscono molte altre conoscenze mafiose, ma fermandosi ai soli contatti pienamente accertati bisogna aggiungere anche Jimmy Fauci, narcotrafficante al cui matrimonio londinese Dell’Utri fu ospite nel 1980.

Non ha condanne definitive per mafia, il senatore eletto per la prima volta nel 2001 nel collegio uno di Milano, quello del Duomo e del centro storico. Ma la sentenza di Cassazione che il 9 marzo 2012 ha annullato con rinvio in appello la sua condanna a sette anni di reclusuione per concorso esterno in associazione mafiosa contiene affermazioni pesantissime. Dell’Utri è definito “mediatore” tra Silvio Berlusconi e Cosa nostra, un personaggio che “ha tenuto un comportamento di rafforzamento dell’associazione mafiosa fino a una certa data, favorendo i pagamenti a Cosa nostra di somme non dovute da parte di Fininvest” (leggi l’articolo e le motivazioni integrali). Dell’Utri è attualmente imputato anche nel processo di Palermo sulla trattativa fra Stato e Cosa nostra all’epoca delle stragi del 1992-1993 (leggi la scheda)

Dopo settimane di polemiche sulle sorti dei candidati inquisiti e condannati nelle liste per le elezioni politiche di febbraio, Dell’Utri annuncia a Il Fatto Quotidiano che non si presenterà, per non mettere in imbarazzo il Pdl e anche perché ormai l’immunità parlamentare non gli servirebbe più (leggi l’intervista).

Il nuovo processo d’appello per concorso esterno sta per concludersi. Ma comunque vada a finire, ma in quale altro paese un curriculum di questo genere sarebbe presentabile in una competizione elettorale? Ecco un breve dossier sulla “Dell’Utri Story”.

LA DELL’UTRI STORY DA MANGANO AL CONSIGLIERE DEI PIROMALLI

Gli incontri con Mangano dopo la condanna per mafia. E’ Marcello Dell’Utri, nel 1974, a portare nella villa di Arcore lo “stalliere” palermitano Vittorio Mangano, che in realtà è un uomo d’onore della famiglia di Porta Nuova. Nella stagione dei sequestri di persona che affligono il Nord Italia, Mangano si occupa anche della sicurezza della famiglia Berlusconi, ma in quello stesso periodo finisce al centro di indagini antimafia e antiriciclaggio. Condannato per mafia, sconta dieci anni di reclusione dal 1980 al 1990 e, uscito dal carcere, continua a incontrare dell’Utri negli anni caldi della nascita di Forza Italia, come dimostrano inoppugnabilmente le agende del manager (leggi l’articolo e la cronologia di Peter Gomez). Il 19 luglio 2000 Mangano è condannato in primo grado per due omicidi. Morirà quattro giorni dopo. La condanna non impedirà a Dell’Utri di definirlo un “eroe“, l’8 ottobre 2008, per non aver ceduto a presunte pressioni dei magistrati antimafia per farlo parlare.

“Recupero crediti” con il boss Virga. Un altro boss mafioso con il quale Dell’Utri ha avuto rapporti è Vincenzo Virga, capomafia trapanese attualmente detenuto all’ergastolo con il 41bis, e imputato tra l’altro al processo per l’omicidio di Mauro Rostagno. Nel 1992, Dell’Utri pretendeva la restituzione di 530 milioni di lire dal medico Vincenzo Garraffa, patron della Pallacanestro Trapani, in seguito a una sponsorizzazione, concessa peraltro con meccanismi poco chiari. Garraffa si oppone e l’allora presidente di Publitalia – la concessionaria pubblicitaria del gruppo Fininvest che di fatto pagava gli stipendi a star, vip e giornalisti delle tv berlusconiane – si rivolge proprio al mafioso Virga, che va da Garraffa a reclamare il (presunto) credito. Alla fine Marcello Dell’Utri uscirà assolto dal processo per estorsione scaturito da quella vicenda, ma anche in questo caso le motivazioni della sentenza parlano chiaro: certamente Dell’Utri ha “mobilitato due mafiosi del calibro di Vincenzo Virga e Michele Buffa per convincere Garaffa a rispettare l’impegno”, ma non c’è la prova che i due abbiano intimidito il creditore (leggi l’articolo)

L’incontro con l’inviato della cosca Piromalli. Non solo Cosa nostra. Mentre è già sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, tra il 2007 e il 2008 Dell’Utri si sente più volte al telefono con Aldo Micciché, consigliere della cosca Piromalli di Gioia Tauro, una delle più potenti della ‘ndrangheta. Micciché, ex politico democristiano, è da tempo latitante in Venezuela. I due parlano di affari petroliferi e di 41bis, la bestia nera dei boss mafiosi, I contatti sfociano in un incontro tra Dell’Utri e il giovane Gioacchino Arcidiaco, cugino del capomafia Antonio Piromalli, accertato dagli investigatori il 3 dicembre 2007 nell’ufficio di via Senato 12 a Milano. Impossibile sapere che cosa i due si siano detti, ma così Micciché, sempre intercettato, aveva istruito il giovane Arcidiaco: “Spiegagli chi siamo, che cosa rappresentiamo per la Calabria… la Piana è Cosa nostra, facci capisciri. Vai a parlare con Marcello Dell’Utri, parliamoci chiaro, significa l’anticamera di Berlusconi… forza!”. Aldo Miccichè sarà arrestato a Caracas il 23 luglio 2012 nell’ambito dell’inchiesta “Cento anni di storia” della Dda di Reggio Calabria (leggi l’articolo). Marcello Dell’Utri non risulta neppure indagato. Nessun nuovo guaio giudiziario, insomma, solo l’ennesima amicizia impresentabile. 

Una tangente da bibliofilo. Persino l’attività di “raffinato bibliofilo” ha portato Dell’Utri a scontrarsi con il codice penale. Il senatore è infatti indagato dalla procura di Firenze per un presunto, strano caso di corruzione avvenuto attraverso il regalo di un libro antico da parte di un oligarca russo interessato a realizzare un mega-impianto eolico a Gela, in Sicilia (leggi l’articolo).