
La tragedia di una donna italiana morta dopo un intervento estetico a Istanbul riaccende il dibattito sul turismo sanitario low cost
La vicenda di Milena Mancini, 56 anni, imprenditrice e agente immobiliare di Isola del Liri, ha profondamente scosso l’opinione pubblica. La donna è deceduta a Istanbul dopo venti giorni di terapia intensiva, in seguito a una complicanza insorta durante una liposuzione eseguita in una clinica privata del luogo. Trasferita d’urgenza in un ospedale universitario della capitale turca, non si è più ripresa.
Il suo caso riaccende l’attenzione sul fenomeno del cosiddetto “turismo medico”, e in particolare su quello della chirurgia estetica low cost, un settore in rapida crescita ma non privo di insidie. Negli ultimi anni, la Turchia è divenuta una delle principali mete per gli interventi estetici, grazie a pacchetti “all inclusive” che comprendono volo, soggiorno e operazione a prezzi spesso molto inferiori rispetto a quelli italiani. Tuttavia, dietro l’apparente convenienza economica, si nasconde una complessa rete di rischi legati non solo alla qualità e alla sicurezza degli interventi, ma anche alla mancanza di controlli adeguati, di assistenza post-operatoria e di tutela legale per il paziente.
La liposuzione, come tutte le procedure chirurgiche, non è priva di pericoli: le complicanze possono includere embolie, infezioni, emorragie e reazioni anestesiologiche gravi. La sicurezza di un intervento non dipende solo dalla manualità del chirurgo, ma dall’intero sistema di supporto: la preparazione preoperatoria, la sterilità delle sale, la presenza di anestesisti qualificati, la disponibilità di una terapia intensiva e soprattutto la possibilità di un follow-up strutturato. Elementi che in molti centri esteri non sono garantiti o non vengono verificati con sufficiente rigore.
Negli ultimi anni, la Turchia ha cercato di introdurre un maggior controllo nel settore del turismo sanitario attraverso un sistema di autorizzazioni e certificazioni obbligatorie per le cliniche che trattano pazienti stranieri. Le strutture devono oggi ottenere un’apposita licenza, la “Health Tourism Authorization Certificate”, rilasciata dal Ministero della Salute Turco, che attesta il rispetto di standard minimi in termini di sicurezza e tracciabilità. Si tratta di un passo importante verso una maggiore regolamentazione, ma la reale efficacia di tali misure dipende dalla loro applicazione concreta e dalla capacità delle autorità di vigilare e sanzionare le strutture non conformi. Spesso, inoltre, il paziente firma un consenso informato tradotto in modo sommario, senza comprendere pienamente i rischi e le conseguenze dell’intervento.
Quando qualcosa va storto, la distanza geografica e linguistica diventa una barriera insormontabile. Rientrati in Italia, molti pazienti con complicanze non trovano un riferimento medico disposto a seguirli, e questo può aggravare ulteriormente la situazione clinica e psicologica. Il caso di Milena Mancini ci obbliga dunque a riflettere non solo sulla dimensione individuale del dolore, ma su una responsabilità collettiva: quella di garantire che la chirurgia estetica, ovunque venga praticata, rispetti standard di sicurezza internazionali e principi etici condivisi. Chi sceglie di sottoporsi a un intervento all’estero dovrebbe porsi alcune domande fondamentali: il chirurgo è realmente specialista in chirurgia plastica? La struttura è accreditata e dispone di terapia intensiva? Esiste un piano di assistenza post-operatoria? È stata fornita una copertura assicurativa adeguata? Domande che spesso vengono trascurate, attratti da offerte allettanti e promesse di risultati immediati.
La chirurgia estetica non è mai un prodotto di consumo: è un atto medico complesso, che richiede competenza, sicurezza e continuità di cura. Nessuna offerta economica potrà mai compensare la perdita della salute, e meno ancora della vita. La tragedia di Istanbul ci ricorda che la bellezza, quando si cerca a ogni costo, può trasformarsi in rischio, e che il valore della sicurezza deve sempre venire prima di qualsiasi risparmio o promessa di perfezione.