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Scalata di Mps a Mediobanca, si chiude la prima fase: vincono il governo e i soci forti Delfin e Caltagirone

La soglia del 50% è a un passo. Il ribaltone in Piazzetta Cuccia è finalizzato a prendere il controllo della "cassaforte" Generali, vero obiettivo dell’operazione. Nagel e il cda pronti alle dimissioni

Il conto alla rovescia per la fine dell’assalto a Mediobanca è agli sgoccioli. Lunedì 8 settembre finisce la prima fase di adesione all’offerta di scambio lanciata dal Monte dei Paschi di Siena per volere del governo Meloni, primo azionista di Mps, che appoggia i grandi azionisti Caltagirone e Delfin interessati a conquistare Piazzetta Cuccia per mettere le mani sulla “cassaforte” Generali. Le adesioni già a quota 40,4% indicano un esito quasi scontato. Se la cifra non raggiungerà subito la soglia del 50%, lo farà quasi certamente nel periodo di riapertura dell’offerta, dal 16 al 22 settembre. Ora l’attenzione si sposta al 18 settembre, data in cui il cda di Mediobanca si riunirà per approvare il bilancio e, con ogni probabilità, per prendere atto del successo della manovra senese, segnando la fine di un’era. Con l’amministratore delegato Alberto Nagel e il suo cda pronti a dare le dimissioni.

L’operazione, guidata dall’amministratore delegato di Mps Luigi Lovaglio, ha ricevuto una spinta decisiva con l’aggiunta di una componente in contanti all’offerta: 0,9 euro per azione. Una mossa da 732 milioni di euro, studiata per colmare il divario tra il valore dell’offerta e quello di Borsa e convincere gli ultimi azionisti indecisi, inclusi gli hedge fund esteri, a conferire le loro quote. Il fronte pro scalata ha dalla sua come detto i “pesi massimi” Delfin (la holding degli eredi Del Vecchio) e Francesco Gaeteano Caltagirone, soci forti di Mps, che insieme detengono già il 30% di Mediobanca. Oltre a Edizione della famiglia Benetton con il 2,2%, al 2% dell’Enpam, l’ente di previdenza dei medici e degli odontoiatri, e all’1,1% della famiglia Tortora, altri investitori hanno apportato i loro pacchetti o sono in procinto di farlo. La soglia del 50% delle adesioni, sufficiente per ottenere il controllo e procedere al repulisti del cda, è a portata di mano.

Con l’assemblea di Mediobanca fissata per il 28 ottobre, il tempo stringe. Dieci giorni prima, in occasione dell’approvazione del bilancio, il consiglio valuterà a che punto sono arrivate le adesioni. E non potrà che prendere atto dei nuovi rapporti di forza, presentandosi dimissionario all’appuntamento. Che vedrà il Monte presentare la sua lista di candidati al vertice di Piazzetta Cuccia: in pole per la guida esecutiva ci sarebbero ora Marco Morelli (presidente di BNP Paribas Asset Management) e Fabrizio Palermo (ceo di Acea), per la presidenza Vittorio Grilli (Jp Morgan) e Luigi de Vecchi (Citi).

La conquista di Mediobanca non è il fine, ma il mezzo. L’intero piano mira a consolidare un polo di influenza che partendo dalla finanza si estende al cuore del capitalismo italiano. Il vero obiettivo è il controllo di Generali, la compagnia assicurativa da 800 miliardi di asset in cui l’istituto è il primo azionista. Lovaglio, pur avendo ventilato in passato la possibilità di un “terzo polo” con Banco Bpm, ora ritiene prematura qualsiasi mossa in tal senso. Al contrario, l’amministratore delegato del Banco, Giuseppe Castagna, starebbe già sondando il terreno con il suo principale azionista, il Crédit Agricole, per esplorare la possibilità di una futura aggregazione. Passo finale per arrivare al terzo polo bancario che tanto piace al governo.

La segretaria del Pd Elly Schlein dal forum Teha di Cernobbio attacca: “L’unico interventismo in economia di questo governo che abbiamo visto è sul risiko bancario”. Nei giorni scorsi il senatore Mario Turco, vicepresidente del M5S, aveva detto che “la vera Legge di bilancio del governo Meloni, totalmente lontana dai bisogni del Paese, è già stata scritta ed è l’operazione Mps-Mediobanca, giustamente ribattezzata ‘Calta-Meloni‘. In questi tre anni di manovre fallimentari, senza alcun impatto sull’economia reale, il vero impegno dell’Esecutivo in ambito economico è stato profuso solo per la costruzione, la promozione e il sostegno della scalata di Mps a Mediobanca. Mai si era vista la filiera decisiva del Governo, quella Meloni-Giorgetti-Fazzolari, impegnarsi così tanto per costruire l’alleanza con Caltagirone e il gruppo Del Vecchio e favorire un’aggregazione bancaria che consegnerà unicamente ai suddetti operatori finanziari privati il comando di Generali, uno degli scrigni del risparmio italiano. Con quale vantaggio per Stato, lavoratori, famiglie e imprese? Nessuno”.