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La lettera di Bruxelles a Roma: “Il decreto Golden Power su Unicredit-Bpm viola il diritto dell’Ue”

Altro che pubblica sicurezza, i punti che non tornano sono talmente tanti che, nella sua conclusione preliminare, la Commissione ha formalmente notificato all'Italia che il decreto è contrario a un dettagliato elenco di leggi Ue. Roma ha tempo fino all'8 agosto per rispondere, dopo di che, se la conclusione sarà confermata, Bruxelles potrebbe mettere in mora l'Italia e ordinarle di "revocare senza indugio" il decreto

Il governo italiano ha emanato il decreto Golden Power sull’acquisizione di Bpm da parte di Unicredit senza sufficienti motivazioni relative alla pubblica sicurezza che l’avrebbero autorizzato a farlo. E se anche fosse stato autorizzato a farlo, lo ha fatto con modalità che violano il diritto comunitario. Sul contenuto della norma, poi, c’è il motivato sospetto che: limiti la circolazione di capitali nell’Ue; violi le prerogative della Bce; metta in fuga gli investitori da Unicredit; ne limiti l’attività d’impresa, ne metta a rischio la prudente gestione e, quindi, la stabilità; discrimini gli altri Stati dell’Unione; scoraggi le adesioni all’offerta di Unicredit e ne pregiudichi l’esito; metta a rischio Anima sgr; crei una disparità di trattamenti tra Unicredit-Bpm e gli altri operatori bancari italiani non sottoposti ad analoghe misure. Insomma, i punti che non tornano sono talmente tanti che, nella sua conclusione preliminare basata sugli elementi al momento a sua disposizione, la Commissione europea ha formalmente notificato all’Italia che il decreto del 18 aprile è entrato in vigore in violazione della normativa e che nella sua forma attuale è contrario a un dettagliato elenco di norme comunitarie. Roma ora ha tempo fino all’8 agosto per presentare le sue osservazioni, dopo di che, se la conclusione sarà confermata, Bruxelles potrebbe adottare una decisione in cui dichiara che l’Italia ha violato il Regolamento Concentrazioni e le ordina di “revocare senza indugio” il decreto.

SI FA PRESTO A DIRE PUBBLICA SICUREZZA – Il testo della lettera arrivata lunedì a Roma è cristallino: a Bruxelles non ci sono se e ma nella solenne bocciatura del Golden Power che il governo ha applicato a Unicredit per dare il via libera all’acquisizione del Banco Bpm. Fosse anche solo per una questione di comunicazione che non c’è stata e che, in base al diritto comunitario, avrebbe dovuto esserci. Poi ci sono le singole imposizioni che l’esecutivo ha dettato a Unicredit e che la Commissione demolisce una ad una nelle 56 pagine del documento pubblicato in esclusiva da Mf-Milano Finanza martedì 15 luglio. Certo, è “fatta salva la facoltà dell’Italia di fornire ulteriori spiegazioni plausibili“, ma in questa fase, si legge nella lettera, “la Commissione ritiene che la mancanza di una sufficiente motivazione sostanziale da parte del Decreto, nella sua forma attuale e date le informazioni attualmente disponibili, unitamente alla mancata risposta alla maggior parte delle questioni sollevate dalla Commissione con le autorità italiane, costituisca di per sé motivo di ragionevole dubbio sul fatto che la misura persegua effettivamente la tutela della pubblica sicurezza“.

Quindi da una parte c’è “un ragionevole dubbio sul fatto che il Decreto e gli obblighi mirino effettivamente a tutelare la pubblica sicurezza”, che è la motivazione con cui il dicastero di Giancarlo Giorgetti giustifica e difende a spada tratta il provvedimento. Ma la pubblica sicurezza non è un concetto aleatorio nel diritto comunitario e “può essere invocata solo in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad un interesse fondamentale della società” che va dimostrata e analizzata, non basta nominarla. “Nel caso di specie, non vi è alcuna ragione apparente, alla luce degli elementi attualmente a disposizione della Commissione, per cui l’acquisizione di BPM da parte di UniCredit costituirebbe una minaccia reale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società”. A quanto pare le autorità italiane non sono neanche riuscite a spiegare “perché il profilo del nuovo investitore in BPM, ossia UniCredit, comporterebbe un rischio maggiore per la sicurezza pubblica rispetto all’attuale azionariato di BPM”.

PERCHÈ UNICREDIT NON HA MAI PREOCCUPATO NESSUNO? – Le due banche, si nota, hanno un profilo simile, Unicredit opera da molti anni in Italia di cui è il secondo operatore bancario e per quanto risulta alla Commissione, le attività di Unicredit nel settore bancario italiano non hanno indotto le autorità italiane a sollevare preoccupazioni in materia di sicurezza pubblica in merito alle sue attività. Al contrario, vi sono forti elementi che indicano la buona reputazione di UniCredit in Italia”, si legge nella lettera che cita i plurimi rapporti tra la banca di Andrea Orcel e enti e istituzioni pubbliche, nonché la collaborazione con la Banca europea per gli investimenti per la ripresa dopo il Covid. “La Commissione non è a conoscenza di alcun ente pubblico italiano che abbia sollevato preoccupazioni in materia di sicurezza pubblica in relazione a UniCredit – spiega la lettera -. È importante sottolineare che la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri italiana ha approvato di recente operazioni che coinvolgono UniCredit ai sensi della legge sul Golden Power senza sollevare preoccupazioni relative alla pubblica sicurezza o altre considerazioni pertinenti”.

Quanto agli azionisti stranieri di Unicredit, si tratta di un fattore definito testualmente irrilevante: “nessuno di questi azionisti esercita un controllo su UniCredit o può influenzare in modo significativo le sue attività. Infatti, il principale azionista di UniCredit, la società americana BlackRock Group, detiene solo il 7,4 % delle sue azioni (ed è attualmente anche il secondo azionista di BPM)”. Inoltre a Bruxelles proprio non riescono a capire perché “la presunta importanza strategica di BPM significhi che la sua acquisizione costituirebbe una minaccia per la sicurezza pubblica”. Tanto più che, si nota, la presidenza del consiglio dei ministri ha appena approvato l’acquisizione di una banca con un peso di mercato simile a Bpm, Mediobanca, da parte di un’altra banca italiana, Mps, senza preoccuparsi della sicurezza pubblica.

PROCEDURE VIOLATE E RISPOSTE SCARNE – Poi se nonostante queste considerazioni la minaccia alla pubblica sicurezza fosse vera, dicono da Bruxelles, “su tale base, l’Italia avrebbe dovuto notificare preventivamente il Decreto alla Commissione e astenersi dall’imporre gli obblighi prima dell’approvazione della Commissione. L’Italia sembra pertanto aver violato gli obblighi procedurali di cui all’articolo 21(4) del Regolamento Concentrazioni”. Dall’altra ci sono le singole prescrizioni che sono state fatte a Unicredit in cambio del via libera all’acquisto di Bpm: la Commissione “ritiene in via preliminare, sulla base delle informazioni attualmente disponibili, che ciascuna delle Prescrizioni contenuta nel Decreto sia incompatibile con i principi generali e le altre disposizioni del diritto dell’Ue“.

Dal canto suo Roma non ha agevolato lo scioglimento dei dubbi, anzi. “La risposta dell’Italia alla richiesta di informazioni non fornisce la maggior parte dei chiarimenti richiesti. Di conseguenza, permangono delle incertezze sulle modalità di applicazione delle Prescrizioni. In particolare, la risposta non individua e spiega adeguatamente il modo in cui l’Operazione comporta un rischio per la sicurezza pubblica, né dimostra la compatibilità delle Prescrizioni con il diritto dell’Unione”, spiega il documento a proposito dei chiarimenti richiesti a Roma il 26 maggio scorso. Non va meglio se si entra nel merito delle singole imposizioni. Anche quella che riguarda la presenza di Unicredit in Russia.

Secondo Bruxelles la prima prescrizione, che imponeva a Unicredit di non ridurre per ben cinque anni il rapporto tra prestiti e depositi praticato dalle due banche in Italia, “costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali, che non è giustificata nell’interesse della pubblica sicurezza”. Idem dicasi per l’obbligo di non ridurre il livello del portafoglio attuale di project finance di Banco Bpm e Unicredit in Italia e per quello di non modificare il peso attuale degli investimenti in titoli italiani di Anima Holding (il gestore di risparmi appena acquistato da Bpm) che contrasta anche con almeno un paio di direttive comunitarie in tema di investimenti. Quanto all’imposizione di uscire dalla Russia entro 9 mesi dalla data del decreto (18 aprile 2025), essa “costituisce una restrizione dei poteri di vigilanza attribuiti alla BCE”.

IN ITALIA NON CI SONO SOLO UNICREDIT E BPM – Quanto ai risvolti sulla pubblica sicurezza, dalla Commissione si fa notare che se anche Uni-Bpm dovesse diminuire l’erogazione di prestiti in Italia, “i clienti italiani continuerebbero a beneficiare dell’accesso a un’ampia gamma di prestatori alternativi consolidati”. Tipo Intesa, Bper, Mps, Bnl etc, che compongono un “panorama di prestiti diversificato e competitivo”, alla luce del quale “è difficile comprendere come un’ipotetica riduzione dei prestiti da parte dell’entità risultante dalla concentrazione possa rappresentare una minaccia reale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società italiana”. Idem dicasi per Anima: se la società di gestione risparmio una volta finita sotto l’ala di Unicredit dovesse ridurre gli investimenti in titoli italiani, gli emittenti italiani “continuerebbero a beneficiare dell’accesso a un’ampia gamma di gestori di attivi alternativi consolidati, tra cui Generali Investments (oltre il triplo delle dimensioni di Anima in termini di attività gestite), Eurizon Capital (quasi il doppio di quelle di Anima), Azimut Holding, Arca Fondi SGR, F2i SGR, Lingotto IM e numerosi gestori di attivi internazionali con operazioni in Italia (come Amundi, BlackRock, J.P. Morgan Asset Management, Fidelity International e Allianz Global Investors)”. Anche qui il contesto diversificato e competitivo rende “difficile comprendere come un’ipotetica riduzione degli investimenti di Anima in titoli degli emittenti italiani possa rappresentare una minaccia reale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società italiana”.

NON CI SONO FLUSSI FINANZIARI TRA ATTIVITÀ RUSSE E ITALIANE – Diverso il discorso della Russia, con la vigilanza prudenziale sulle banche sistemiche che spetta esclusivamente alla Bce, la quale ha già “adottato misure specifiche relative alle attività di UniCredit in Russia”. Inoltre in questa fase “non è chiaro se il rischio per la sicurezza pubblica che l’Italia sostiene giustificare l’imposizione dell’obbligo di uscita dalla Russia, che va oltre le misure di vigilanza della BCE, sia plausibile”. E questo perché le autorità italiane non sono riuscite a spiegare come mai non ritengono sufficienti le richieste della Bce. Tanto più che il Golden Power “sembra suggerire che i risparmi raccolti da BPM possano in qualche modo essere coinvolti ‘in operazioni a beneficio del sistema economico e finanziario russo’. Tuttavia, “le controllate russe di UniCredit sono separate dal resto del gruppo e non vi sono flussi finanziari o di informazione provenienti dalle attività italiane e dalle attività russe”. Quindi non si capisce come potrebbe succedere che i fondi di Bpm vengano usati in Russia, “data l’assenza di flussi finanziari dal gruppo UniCredit verso tali attività”. Del resto Roma non l’ha detto.

COSÌ SI COMPROMETTE IL SUCCESSO DELL’OFFERTA – Quindi la Commissione ritiene che nell’insieme le imposizioni che il governo ha fatto a Unicredit abbiano compromesso la capacità e la propensione “degli azionisti di UniCredit e BPM di prendere parte all’Operazione, che presenta un elemento transfrontaliero”. Da qui la valutazione preliminare che il decreto Golden Power di aprile “violi la libera circolazione dei capitali” e che è “probabile che gli azionisti di BPM non accettino l’offerta (di Unicredit, ndr) a causa dell’incertezza causata dal Decreto” che limita “la capacità di UniCredit di gestire efficacemente le proprie attività”. Non solo. Se Unicredit non rispettasse le imposizioni del governo, rischia delle multe difficili da quantificare in anticipo. E così, “rendendo meno attraente la prospettiva di diventare azionista di UniCredit il Decreto fa sì che gli azionisti di BPM siano meno propensi a aderire all’Operazione”. E siccome anche molti soci di Bpm non sono italiani, come il Credit Agricole che è il primo azionista di Bpm con il 20% circa, l’offerta di Unicredit su Bpm “ha anche un aspetto transfrontaliero limitato dalle Prescrizioni”.

GIORGETTI FA SPALLUCCE – “Risponderemo semplicemente riprendendo la sentenza del Tar che ci soddisfa e riconosce un principio, che la sicurezza economica è parte della sicurezza nazionale”, ha commentato il ministro dell’Economia sostenendo come sia “legittimo che le banche puntino a fare profitto”, ma lo Stato non fa profitto e “deve garantire la sicurezza nazionale”. Perché “secondo noi non ci sono solo aspetti della concorrenza, ma anche e soprattutto quelli della sicurezza nazionale”. E così si ritorna all’inizio della lettera. Che sottolinea anche come alcune delle prescrizioni del governo come quella sui depositi e i prestiti che potrebbe avere il paradossale effetto di “incidere direttamente sulla gestione dell’attività dell’ente creditizio e che ha varie implicazioni prudenziali in quanto può incidere sul rischio di liquidità, sulla disponibilità di credito e sulla stabilità finanziaria complessiva delle banche in caso di cambiamento delle condizioni di mercato”. In altre parole guai grossi, tanto che secondo Bruxelles è “improbabile che sia adatto all’obiettivo dichiarato di fornire flessibilità e non è idoneo a preservare la sicurezza pubblica”. Più in generale, dalla Commissione si sottolinea come a causa delle Prescrizioni del governo italiano, “in caso di completamento dell’Operazione, a UniCredit sarà impedito di gestire liberamente la propria attività, adeguando il rapporto prestiti/depositi, determinando dove e come intende investire e riducendo, riorientando o chiudendo parti della sua attività (ad esempio Anima), se necessario per rispondere alle condizioni del mercato”. Quindi Uni-Bpm sarà “indebitamente limitata anche per quanto riguarda la sua capacità di essere gestita in modo prudente e solido e di soddisfare i requisiti patrimoniali, di liquidità e di altro tipo, il che dimostra la gravità delle Prescrizioni imposte dal Decreto”.