
Il Gaza media office fa sapere che sono 773 le persone che sono state uccise, da fine maggio, vicino ai centri di distribuzione aiuti
Almeno 55 persone, tra cui molte donne e bambini, sono state uccise dall’alba di giovedì in raid israeliani sul centro e il sud della Striscia di Gaza. Lo riferiscono fonti ospedaliere ad Al Jazeera. L’attacco più sanguinoso ha colpito un gruppo di civili a Deir el-Balah, nel centro dell’enclave: qui sono state almeno 15 le vittime, tra loro molte persone in attesa di ricevere integratori alimentari in una clinica medica. Delle vittime – rende noto l’ong Project Hope, un gruppo di aiuto che gestisce la clinica – almeno otto erano bambini, con un’età compresa tra i due e i quattordici anni. . “È una tragedia, una violazione delle leggi umanitarie. Nessun bambino in attesa di cibo e medicine dovrebbe correre il rischio di essere bombardato”, ha detto il dottor Mithqal Abutaha, responsabile del progetto dell’organizzazione, che in quel momento si trovava in un’altra clinica.
“Le Forze di Difesa Israeliane sono a conoscenza di segnalazioni riguardanti un certo numero di feriti nell’area. L’incidente è sotto esame. L’Idf si rammarica per eventuali danni a persone non coinvolte e opera per ridurre al minimo tali danni”, ha dichiarato l’esercito israeliano in una nota alla Cnn. Almeno quattro palestinesi sono stati uccisi, invece, in un attacco israeliano al quartiere di al-Karama, a nord-ovest di Gaza City. Il Gaza media office fa sapere che sono 773 le persone che sono state uccise vicino ai centri di distribuzione aiuti dell’americana Gaza Humanitarian Fund, da quando ha iniziato a operare con il sostegno di Israele alla fine di maggio. Inoltre si contano 5.101 persone ferite, mentre 41 risultano ancora disperse.
Le forze armate israeliane (Idf) stanno intensificando l’offensiva mentre proseguono i negoziati a Doha, in Qatar, tra la delegazione dello Stato ebraico e quella di Hamas per arrivare a una tregua che consenta il rilascio degli ostaggi. L’Idf fa sapere di star proseguendo l’attività militare nella Striscia “per colpire le organizzazioni terroristiche e proteggere la popolazione civile, in particolare le comunità che vivono nei pressi del confine con Gaza”. L’esercito afferma di aver “smantellato oltre 130 infrastrutture terroristiche, sia in superficie sia nel sottosuolo. Tra queste: depositi di armi, edifici trappola, postazioni di osservazione e rampe di lancio rivolte verso le truppe israeliane”. Nella notte è stata comunicata la morte del 25enne sergente maggiore riservista Abraham Azulay, ucciso dai miliziani di Hamas – si legge – mentre lottava per evitare un tentativo di rapimento.
“Siamo determinati a riportare a casa tutti gli ostaggi“, fa sapere il primo ministro Benjamin Netanyahu in un video diffuso dal suo ufficio: “All’inizio di questo cessate il fuoco entreremo immediatamente in negoziati per porre fine alla guerra in modo permanente. Ma per arrivare a questo obiettivo, ci devono essere condizioni minime: disarmo di Hamas, smilitarizzazione di Gaza e nessuna capacità militare o di governo per Hamas”. Poi sottolinea che “se sarà possibile raggiungerle con la diplomazia, tanto meglio”. Altrimenti “se ciò non accadrà entro 60 giorni di tregua, lo raggiungeremo con altri mezzi, con l’uso della forza, la potenza del nostro eroico esercito”, conclude.
Nelle prime ore del mattino le sirene d’allarme sono suonate a Tel Aviv – per la prima volta dalla tregua con l’Iran del 24 giugno scorso – a causa del lancio di un missile dallo Yemen controllato dai ribelli Houthi, intercettato dalle difese aeree.
Intanto il portavoce dell’Onu Stephane Dujarric ha dichiarato che le Nazioni Unite sono riuscite a far entrare carburante nella Striscia di Gaza, circa 75mila litri, per la prima volta in 130 giorni. “La quantità non è sufficiente a coprire nemmeno un giorno di fabbisogno energetico. Il carburante sta già finendo e i servizi verranno bloccati se non arriveranno immediatamente volumi molto maggiori”, ha dichiarato Dujarric ai giornalisti.