
Dimostrare per la pace in tempi di guerra assume un valore davvero inestimabile
di Susanna Stacchini
Ora più che mai, lo strumento che governanti e molti politici adottano per “meglio fregarci” è l’uso manipolatorio delle parole, disposti come sono a falsificarne pure il significato. Non esitano a votare sì al “riarmo”, chiamandolo “prontezza”. Nessuno scrupolo nel definire “volenterosi” i paesi europei che hanno dato l’assenso ad inviare truppe di soldati in Ucraina, o nell’apostrofare la parola “guerra” con la parola “crisi”. Nessuna remora nel creare ad arte pericolosi nemici da cui doversi difendere.
Questo e molto altro per dire sì alla manifestazione di sabato 5 aprile, organizzata dal Movimento 5 stelle contro l’Europa del riarmo. Una dimostrazione, quella di sabato, oltremodo scomoda, tanto da essersi guadagnata un corale scherno, oltre al tentativo di messa in ridicolo se non ignorata. Dimostrare per la pace in tempi di guerra assume un valore davvero inestimabile, tantoché una grande adesione metterebbe in serie difficoltà tutti i vari guerrafondai che lo sono ma non gradiscono essere appellati tali.
Quando c’è in gioco la pelle della gente, “ma anche” non può essere tollerato nemmeno se spacciato come una licenza lessicale, espressione di democrazia.