
di Aurora Notarianni *
Adriano Olivetti settant’anni fa inaugurava la fabbrica di Pozzuoli, di fronte alla baia e “in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno. Abbiamo voluto anche che la natura accompagnasse la vita della fabbrica”.
Nel suo discorso inaugurale diceva di voler “Creare un’impresa di tipo nuovo al di là del socialismo e del capitalismo giacché i tempi avvertono con urgenza che nelle forme estreme in cui i due termini della questione sociale sono posti, l’uno contro l’altro, non riescono a risolvere i problemi dell’uomo e della società moderna.”
Ci siamo allontanati anni luce da quell’imprenditore visionario consumando senza limiti le risorse fondamentali di terra, aria ed acqua pensando come se fossero eterne. Il lavoro è sempre più considerato merce, il lavoratore non più al centro della fabbrica.
Il 25 febbraio, alla COP16 sulla biodiversità a Roma, il Wwf ha presentato il suo Living Planet Report che si fonda su due pilastri che interesseranno il futuro delle imprese e dei lavoratori. Il primo prevede di finanziare la natura, ovvero investimenti a lungo termine in attività rispettose della natura, tecnologie, prodotti e servizi per l’uso sostenibile delle risorse naturali (riforestazione, trattamento delle acque reflue, gestione dei rifiuti pericolosi, acquacoltura e pesca sostenibile). Il secondo pilastro punta a rendere verde la finanza per conseguire gli obiettivi legati alla natura, al clima e allo sviluppo sostenibile. Il sistema finanziario ha, infatti, un impatto importante sugli ecosistemi ed incide sia sulla stabilità finanziaria che su quella dei prezzi.
La Banca Centrale Europea in uno studio pubblicato nel giugno 2023 ha mostrato che il 75% di tutti i prestiti bancari in Europa sono destinati ad aziende che dipendono fortemente da almeno un servizio ecosistemico per continuare a produrre i propri beni o a fornire i propri servizi (controllo dell’erosione, approvvigionamento idrico, protezione da inondazioni e tempeste, assorbimento di carbonio e stoccaggio). E’ fondamentale, dunque, per il nostro futuro e per le future generazioni invertire la rotta e considerare la sostenibilità ambientale un dovere per tutti: imprese e lavoratori.
Già la Corte costituzionale è intervenuta lo scorso anno per porre un limite all’abuso nel caso del disastro ambientale causato dalle aziende del petrolchimico di Priolo Gargallo, affermando che la proroga dell’autorizzazione degli impianti di depurazione, in deroga alle norme di tutela della salute e dell’ambiente giustificate dall’attività produttiva di interesse strategico nazionale e dalla salvaguardia dei livelli occupazionali, deve essere temporanea, se no è costituzionalmente illegittima.
Anche la Corte di Giustizia Europea sul caso dell’acciaieria Ilva ha chiaramente affermato che se l’impianto presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana l’esercizio deve essere sospeso.
Il diritto all’ambiente è, insomma, un diritto individuale e comprende la conservazione e la razionale gestione delle condizioni naturali, aria, acqua, suolo, per la salute e la vita della persona umana in tutte le sue estrinsecazioni. Il concetto di ambiente come bene pubblico e diritto fondamentale va inteso come diritto al corretto e armonico sviluppo della propria personalità in un ambiente salubre.
Copernicus, l’occhio dell’Europa puntato sulla terra, nella sua relazione annuale sul Clima ha confermato un dato che già conoscevamo: il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato con un aumento nella temperatura media annua globale di più 1,5°C e un sensibile aumento della temperatura di più 0,42°C, così da far parlare di febbre del Mediterraneo.
Abbiamo vissuto le conseguenze di questo fenomeno che produce eventi metereologici estremi, alluvioni o incendi, come quelli vissuti in Emilia, a Valencia o a Los Angeles.
Il pensiero di Olivetti ritorna e richiama gli imprenditori ad agire nel rispetto del dovere di diligenza, per la prevenzione di tutti i processi forieri di danno, per contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione Europea garantendo che le attività aziendali rispettino standard elevati di sostenibilità.
La Direttiva sulla Due Diligence in materia di sostenibilità aziendale (2024/1760) indicata con l’acronimo CSDDD di Corporate Sustainability Due Diligence Directive va in questa direzione. Il suo ambito di operatività è stato assai ridotto, a causa delle temute ricadute sui costi, ma è importante che sia stato avviato un cambiamento culturale nella consapevolezza della necessità di perseguire quegli obiettivi di sostenibilità e di conservazione dell’ambiente nell’organizzazione di ogni attività produttiva valevoli per tutte le imprese grandi, medie o piccole al di là del fatturato e del numero di dipendenti.
* L’autrice di questo contributo è anche curatrice di questo blog. Qui la sua bio.