
di Davide
La rubrica “Ultimo banco” del Corriere di lunedì 3 febbraio parla di orientamento dei giovani, di quello che in termini si chiama “vocational training”. Il pezzo succitato mette però in evidenza come chi parla probabilmente non conosce – o conosce decisamente poco – il mondo e il mercato del lavoro e le sue dinamiche odierne. Chi parla di lavoro e di futuro dei giovani in quel modo adotta la stessa valenza di chi continua ad insistere sui percorsi tecnico-professionali o STEM, senza rendersi conto – o trascurando volutamente – che nell’iperfinanziarizzazione del mondo di oggi, sono altre le carriere e le leve sulle quali impostare la propria vita. Che piaccia o meno, che si abbia (altri) “valori” o meno.
In quanto professore universitario ed ex professionista di alto livello e in dimensioni internazionali, e in virtù del mio ruolo che mi fa confrontare quotidianamente con i giovani e con le loro ambizioni e desideri professionali, mi chiedo come si faccia a chiedere ad un ragazzo giovane di orientare la propria vita su altre lunghezze d’onda che non siano quelle del mondo di oggi, senza capire o senza voler comprendere che, ostinandosi in una tale opera di convincimento “fuori dal mondo”, si può fare grave danno alle vite giovani e altrui.
Sarebbe molto meglio che un giovane scegliesse autonomamente e convintamente strade diverse, non sulla spinta di una qualche azione di simil-proselitismo.
Ritengo personalmente molto più autentico un percorso intellettuale personale, autonomo, anziché un atteggiamento ipocrita come quello di certo ambienti filo-governativi, ancora troppo legati e socialmente vincolanti a modelli retrogradi, in un Paese sempre più ripiegato verso il passato. Che poi, si sa, i figli dei ricchi sanno assolutamente dove andare a parare, non hanno bisogno di consigli. Chi finisce per smenarci, a forza di lavaggi del cervello ed in termini di proprio futuro ed opportunità, sono sempre i figli del popolino bue!
Perché, a voler dire tutta, la necessità di orientamento di cui paiono (!) abbisognare i ragazzi non è legata al fatto che non sanno dove sbattere la testa, quanto all’impossibilità di accedere alle strade effettivamente ed oggettivamente più promettenti, e a cui con ogni probabilmente aderirebbero subito, potendo e avendone i mezzi!
Ecco che allora pare – dico pare, perché è per ciò illusorio – che ci sia lo smarrimento, a causa delle strade più promettenti sbarrate e per la necessità di dover ripiegare su seconde, terze, quarte scelte… La verità è tutta qui. Il problema sono le disuguaglianze crescenti e le opportunità non ugualmente accessibili. Ma sì continua a girarci intorno, anche chi insegna in un liceo (finanche decisamente avvantaggiato).