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Ultrà Juve, prima condanna in Cassazione per il processo Last Banner

Era il settembre del 2019 quando l’inchiesta Last Banner piombò sul campionato di calcio con l’arresto di 12 capì ultrà della Juventus. Lunedì ha superato un primo vaglio della Cassazione il processo dell’indagine, condotta dalla procura e dalla Digos di Torino. La Suprema Corte ha confermato la condanna per violenza privata di un tifoso astigiano processato nel capoluogo piemontese con il rito abbreviato. Nel 2018-19 gruppi ultrà erano arrivati a far sanzionare la società bianconera, con cori razzisti e di discriminazione territoriale o utilizzavano lo sciopero del tifo per fare pressione sulla società e non perdere una serie di privilegi tra cui i biglietti che poi venivano rivenduti. L’imputato astigiano, appartenente al gruppo ultrà dei Drughi, non è una delle figure principali del procedimento. A suo carico è stata mossa l’accusa di violenza privata: in occasione delle partite Juventus-Spal e Juventus-Inter aveva allontanato con atteggiamento intimidatorio alcuni tifosi dal settore dello stadio in cui volevano sistemarsi. In primo grado, al termine di un rito abbreviato, gli furono inflitti due mesi e 20 giorni di reclusione; la pena è stata poi ridimensionata in appello.

Nel procedimento principale, dove è ipotizzata l’associazione per delinquere, la sentenza d’appello è attesa il 30 aprile. All’apertura del processo d’appello, lo scorso autunno, la pm Chiara Maina ha chiesto la conferma delle condanne di primo grado. La sentenza Last Banner, nell’ottobre 2021, aveva portato alla condanna di Dino Mocciola, considerato il leader dei Drughi, a 4 anni e 10 mesi, di Domenico Scarano, (deceduto nel maggio del 2023), a 3 anni e 3 mesi, di Salvatore Cava a 2 anni e 4 mesi, di Sergio Genre a 2 anni e 6 mesi, di Umberto Toia a 1 anno e sei mesi e a Giuseppe Franzo 1 anno e 2 mesi.

In primo grado, quando era stato riqualificato il capo d’accusa dell’estorsione a tentativo di estorsione, per la prima volta in Italia era stato riconosciuto il reato di associazione a delinquere a un gruppo ultras, i Drughi. Nella vicenda sono però coinvolti anche i Tradizione, i Viking, i Nuclei armati bianconeri e Via Filadelfia 88. Per avere biglietti, che venivano poi rivenduti anche a prezzi triplicati, e abbonamenti, per chi portava gli striscioni all’interno dell’Allianz Stadium, erano arrivati a far sanzionare la società. “Last Banner non è stata un’inchiesta semplice – aveva ricordato l’accusa in aula -. Non si tratta di una banale vicenda da stadio messa in atto da soggetti agitati, ma la gestione delle curve che è anche un problema della gestione di ordine pubblico”. Il processo di primo grado ha confermato aveva sottolineato Maina, che “questi ultras hanno la capacità di condizionare l’intera curva”. L’inchiesta sfociò nel settembre 2019 in una serie di arresti e nell’emissione di Daspo decennali.