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Accordo Ue-Egitto, un patto che conviene a chi l’ha firmato ma che non ferma i migranti

I 7,4 miliardi di euro dell’accordo tra Ue ed Egitto sono suddivisi così: 5 miliardi in prestiti agevolati per il bilancio egiziano, 1,8 miliardi in investimenti, 600 milioni a fondo perduto di cui 200 milioni per la gestione della migrazione. Di cui 200 milioni, che non sono pochi ma nemmeno tutte le tonnellate di euro dell’accordo. Eppure è lì, su quella quota, che la presidente Meloni concentra attenzioni e dichiarazioni: “Questa iniziativa è il modo migliore per far fronte al flusso migratorio: investimenti e assistenza per prevenire l’immigrazione illegale, per aiutare questi Stati a fronteggiare i trafficanti di migranti”. Ognuno tira acqua al suo mulino, ammicca ai suoi elettori: normale. Ciò che bisogna capire è se il mulino gira davvero. Vediamolo pala per pala.

Dall’Egitto partono migranti? No, pochi. Il grosso dei barconi salpa dalla Libia e dalla Tunisia. Per trovare un senso a questi 200 milioni bisogna pensare che l’Egitto controllerà meglio non tanto il mare quanto il deserto, da cui passano le carovane che poi s’imbarcano sulle coste della Cirenaica, in Libia.

Pala numero due: è la prima volta che l’Ue fa un accordo di questo tipo? No, l’anno scorso ne è stato firmato uno con la Tunisia. Se non uguale, sicuramente era simile; e non è che stia andando benissimo. 15 marzo, il Giornale: “Migranti, Piantedosi: Azzerate le partenze dalla Tunisia”. 18 marzo, Repubblica: “Ancora un naufragio, due morti davanti a Lampedusa. Erano sulle bare galleggianti partite da Sfax, Tunisia”. Certo, si dirà che tante partenze sono state bloccate sul nascere (e il governo tunisino, ovviamente, lo conferma). Certo, il ministro Piantedosi ha confermato “che l’Italia si avvia al sesto mese di diminuzione degli sbarchi.”

Ma i “certo” bisogna dirli tutti. Certo, non da ottobre a marzo, in inverno, ci sia storicamente il picco degli sbarchi. E certo, d’altronde, che sono in calo, se il confronto viene fatto col 2023, anno dell’impennata dei barconi (ma questo il governo non lo disse). Basta infatti buttare un occhio al 2022 per accorgersi che l’immigrazione è in aumento. Fonte Ministero dell’Interno, lo stesso di Piantedosi: al 18 marzo i migranti sbarcati erano 6.379 nel 2022, sono 8.123 nel 2024. Negli ultimi 3 giorni sono arrivate a Lampedusa 1.500 persone in 48 sbarchi.

Terza pala: ma com’è che la Tunisia, e ora l’Egitto, combatteranno l’emigrazione? La Tunisia lo ha fatto potenziando la guardia costiera con una ventina di mezzi europei, bloccando la costruzione di barconi in ferro (col risultato che ora si parte su imbarcazioni vecchie o su gommoni), deportando migliaia di migranti subshariani e abbandonandoli nel deserto. Esattamente: deportando. Scrive Annalisa Camilli su Internazionale: “Solo tra il 2 e il 6 luglio centinaia di migranti subsahariani sono stati trasferiti con la forza da Sfax a una zona desertica al confine con la Libia e con l’Algeria e lì ha abbandonati. Tra loro c’erano donne incinte, bambini e persone con lo status di rifugiato. La polizia e le autorità tunisine negano questi rastrellamenti, che sono stati tuttavia documentati da numerosi migranti e da organizzazioni che si occupano di diritti umani”. Paghiamo per nascondere la polvere sotto il tappeto, esseri umani sotto il deserto.

Quarta e ultima pala: ma l’accordo con l’Egitto non dice nulla sui diritti umani? Nella dichiarazione congiunta si legge che “l’Egitto e l’Ue continueranno a portare avanti i propri impegni volti a promuovere ulteriormente la democrazia, le libertà fondamentali, i diritti umani”. Forse un po’ poco. Forse, considerando che contemporaneamente si svolgeva in Italia il processo in contumacia a 4 agenti segreti egiziani imputati per la “brutale e gratuita violenza fisica che ha prodotto gravissimo dolore e tormento fino alla morte” di Giulio Regeni, si poteva approfittarne per chiedere di sentire i 27 testimoni, tutti in Egitto. Io ti do un barcone di soldi, tu mi dai una mano a fare giustizia.

La mano, comunque, se la sono data dopo la firma di un accordo che conviene a tutti. Conviene a Meloni per rivendicare un impegno sui migranti; conviene a Von der Leyen che ammicca sempre più alle destre in vista delle Europee; conviene all’Egitto sull’orlo della bancarotta; conviene all’Europa avere un amico da quelle parti; conviene all’Italia a caccia di nuove vie per il gas. Conviene, come è sacrosanto che sia quando si fa un accordo, a tutti.

Basterebbe dire le cose come stanno e non farlo passare per un accordo che ferma i migranti. Che sono persone e che, finché saranno costrette, partiranno anche a costo di morire nel deserto ancor prima che in mare.