Politica

Acca Larentia, l’apologia di fascismo è vivissima: l’Italia merita una sinistra guerriera, non ignava

di Riccardo Bellardini

L’apologia di fascismo in Italia è condannata dalla legge, ma l’oscuro sentimento è di fatto vivo, anzi vivissimo. Ci sono due alternative. O lo si sa o si fa finta di non saperlo.

Il fascismo è nato nel 1919 e non è mai morto. Semmai si è evoluto, trasformato. Scardinato dai palazzi del potere, s’è insinuato in loschi sentieri del tessuto sociale, come Voldemort, malvagio mago di Harry Potter, che quasi s’era ammazzato da solo, imploso su se stesso, per poi riprender vita piano piano, tornando a seminare, con nuovo vigore, odio e terrore. Ed eccoli i camerati di Acca Larentia, in centinaia, con il braccio teso, nella fierezza orgogliosa dell’immortale saluto romano, con nessuno che interviene per fermare l’ignobile show, come sempre d’altronde.

Nessuno che viene a rovinare una festa, che da normativa dovrebbe essere rovinata. Non ci sono forze dell’ordine a presidiare o a sgomberare la zona, come accade invece in altre occasioni. Ma perché? È troppo facile rispondere che al governo c’è Meloni. Questa roba avveniva anche quando c’era Draghi, quando c’era Conte, Letta, Renzi, Monti e via discorrendo all’indietro. Vi aspettavate che fosse donna Giorgia a mostrare il pugno duro per mettere fine a questi indecorosi spettacoli? O il Presidente del Senato Ignazio La Russa che ha i busti del duce in casa e se ne vanta? Davvero voi pensavate che costoro avrebbero mandato le guardie a redarguire gli energumeni nostalgici del ventennio glorioso?

Fa bene Elly Schlein a condannare senza se e senza ma questo scempio e a chiedere un’interrogazione parlamentare a Piantedosi. Ma se il Partito Democratico fosse stato al governo, avrebbe affrontato di petto il caso? O avrebbe lasciato correre? E’ lecito chiederselo. Purtroppo i giornaloni di destra hanno vita facile in queste situazioni. Ci sguazzano. Dopo gli slanci cazzari, che sono la loro specialità, fanno notare pure cose che non si vorrebbero accettare, ma purtroppo sono vere.

Si può analizzare la vicenda affiancando alla condanna ferma dell’ennesimo increscioso episodio un altro punto di vista: la riflessione su quella che forse si potrebbe definire una mancanza di coraggio, di polso, un atteggiamento rinunciatario, quasi passivo, esibito dalle sinistre in passato di fronte a tali fenomeni. Raduni di questo genere, purtroppo, nel corso degli anni se ne sono visti numerosi, e pare che ci si accorga di essi, in maniera più forte e prorompente, a livello di opinione pubblica e pure a livello politico, solo se al governo c’è la destra che ai nostalgici strizza l’occhio.

L’auspicio è che si riparta da Schlein, supportata da Conte, e da tutti coloro che vorranno aderire ad un nuovo fronte progressista che oltre a proporre un’alternativa concreta per rinsavire il paese, prenda davvero in mano questioni come questa, spesso lasciate andare, come pratiche che in ufficio stanno buttate lì, con te che dici “ci penso domani”, e il giorno dopo lo ridici, e quello dopo lo ridici ancora, ma alla fine non ci pensi mai, e a forza di rimandare te ne dimentichi.

Bisogna far sentire a voce alta la condanna feroce di tali buffonate, che in Germania non potrebbero mai verificarsi, non solo quando al governo siedono dei simpatizzanti di quelle ideologie estreme.

Passerà Meloni, ma non passerà il fascismo, una realtà in Italia ancora esistente e attraente per molti. L’attuale presidente non prenderà provvedimenti, non può farlo. Perderebbe consensi. Alla sinistra italiana si chiede il cambio di passo. Magari proprio a partire da Schlein, leader democratica che sembra aver svecchiato un’entità politica che a neanche vent’anni dalla fondazione pareva già decrepita. Ha chiesto quest’interrogazione, esprimendo la necessità di chiarimenti, anche sullo scioglimento dei gruppi neofascisti. Metta in pratica i valevoli propositi, li trasformi in concretezza. Lotti con forza a partire da oggi. E se un giorno andrà al potere, non lasci correre. Questo paese merita una sinistra guerriera, non brancolante nell’ignavia.

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