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Pedemontana Veneta, la strada dei record: settima inaugurazione, ma è ancora incompleta. E la Regione prevede già perdite milionarie

L’autostrada dei record (che non è un’autostrada, ma solo una superstrada a pagamento) sta per battere l’ultima sfida che la vede in vetta a qualsiasi classifica da Guiness dei primati infrastrutturali. È giunta alla settima inaugurazione nell’arco di quattro anni e mezzo, ma non è ancora completata. È una delle più care d’Italia. Costerà sulla carta 2,3 miliardi di euro, ma in realtà, attraverso i canoni che saranno pagati al concessionario Sis, il prezzo totale sarà di circa 12 miliardi. E poco importa se i pedaggi non riusciranno a raggiungere quella cifra nell’arco di 39 anni, la Regione Veneto si è impegnata a versare tutti i soldi, a botte di 300 o 400 milioni di euro all’anno. Occorrerà un ottavo taglio del nastro, tra qualche mese, per permettere che la Pedemontana Veneta colleghi per davvero la A4 Milano-Venezia (all’altezza di Montecchio Maggiore) fino alla A27 Venezia-Belluno (all’altezza di Spresiano). Perché se si aggiungono gli ultimi 22,3 chilometri che il governatore Luca Zaia si appresta a varare nelle gallerie di Malo, manca ancora la porta d’ingresso, il casello della Serenissima che consente di far confluire il traffico proveniente dalla trafficata direttrice est-ovest del Nord Italia.

Quattro anni di inaugurazioni – Ogni volta che è stato aperto un pezzettino di costosissimo chilometro d’asfalto della Pedemontana, che attraversa le industrialissime province di Vicenza e Treviso, è stata suonata la grancassa dell’appuntamento con la storia, con titoloni sui giornali per il traguardo raggiunto, anche se solo parzialmente. È cominciato il 3 giugno 2019, con i 7,2 chilometri da Breganze alla A31, poi, per altre sei volte si è arrivati da una parte a Malo, dall’altra a Bassano, Montebelluna e Treviso. Vicenda infinita, che racconta la gestione del potere a Nordest, la demagogia della politica, gli interessi delle imprese e la fatica di tradurre i progetti in strade. Perché sono trascorsi dodici anni da quando il 10 novembre 2011 fu posta la prima pietra. Nel bel mezzo del cammino (dopo incidenti, vittime sul lavoro, crolli di gallerie e inchieste giudiziarie) si è scoperto che il concessionario non ce l’avrebbe fatta a tener fede ai suoi impegni. Così è stato rinegoziato l’accordo, portando in carico alla Regione Veneto il rischio del fatturato, in cambio di una riduzione dell’impegno di spesa, sufficiente però a fissare in 12 miliardi di euro il denaro che sarà pagato a Sis, a prescindere dal raggiungimento dei volumi di traffico previsti e finora sovrastimati.

La Regione anticipa il taglio del nastro: manifestanti beffati – A Palazzo Balbi, sede della giunta regionale, era stato appuntamento per il 29 dicembre alle 11, ma all’ultimo minuto è stato anticipato di un giorno, a causa della concomitanza con il lutto regionale per il funerale di Vanessa Ballan, uccisa con otto coltellate a Riese Pio X, che si terrà a Castelfranco alle 14 di venerdì. Nel frattempo si erano organizzati i contestatori storici del Covepa di Massimo Follesa e quelli più recenti di PfasLand, dopo la scoperta di sostanze perfluoroalchiliche della Miteni di Trissino nelle acque di scolo delle gallerie. Covepa e PfasLand hanno convocato una contro-manifestazione proprio a Vallugana, vicino a Malo, per il giorno 29. Adesso accusano la Regione di aver voluto evitare le concomitanti proteste popolari: “Mentre i fascicoli di denuncia giacciono da anni sui tavoli della Procura di Vicenza, assistiamo a una cerimonia dentro il tunnel dei Pfas, mentre nessuno ha evitato lo scarico delle acque inquinate in alcuni fiumi della zona”.

Nel bilancio regionale previste perdite per 60 milioni – La partita della Pedemontana è tuttora aperta, con contraddizioni e problemi segnalati anche dalla Corte dei Conti. Nei bilanci della Regione 2024-26 sono già state previste perdite per una sessantina di milioni di euro, quale differenza tra introiti dei pedaggi e versamenti al concessionario. Ma siamo solo all’inizio perché non è stato ancora pagato il primo canone da 321 milioni di euro che scatterà nel momento dell’entrata in funzione completa dell’opera, probabilmente nel 2025. C’è poi il capitolo delle penali per i ritardi che non sono ancora state calcolate, ma sono di circa 25 mila euro al mese. Ci sono anche 20 milioni di Iva che Sis ha incamerato, ma che la Regione non avrebbe dovuto versare, con conseguente contenzioso. Si aggiunge la non esaudita richiesta di ottenere il riconoscimento di titolo di “autostrada”, mentre ora la Pedemontana è solo una superstrada con limite di velocità a 110 chilometri all’ora. Infine, il bubbone del flusso di traffico, che è tutto da verificare. Soltanto a Pedemontana funzionante sapremo se si avvicina alla previsione che vent’anni fa era di 33.000 veicoli medi al giorno, ma che nel 2017 venne ridotta dall’Area Engineering della Regione Veneto a 18-20.000 veicoli. Se qualcuno ha sbagliato i conti, a pagare saranno i contribuenti veneti.