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Ue avvisa Roma sulle limitazioni alla Corte dei conti: “Il Pnrr richiede controlli”. Chigi risponde: “Bruxelles alimenta polemiche”

Tensione tra Roma e Bruxelles sul ruolo della Corte dei conti e Pnrr. In mattinata infatti, mentre il governo era impegnato nelle celebrazioni per la Festa della Repubblica, è stata l’Unione europea ha esprimere il suo avvertimento all’Italia. Il portavoce della commissione Eric Mameri, durante un briefing con la stampa, ha detto esplicitamente che “monitorerà con grande attenzione” il contenuto dell’emendamento al decreto Pa con il quale il governo Meloni ha limitato i poteri di vigilanza della Corte dei Conti sulla spesa dei fondi europei del Pnrr. “Noi abbiamo un accordo con l’Italia sulla necessità di avere un sistema di controlli efficace ed è responsabilità delle autorità italiane che questi enti siano in grado di lavorare”. E ha proseguito: “Come regola generale non ci esprimiamo sui progetti di legge e dunque non entriamo nel dettaglio. Possiamo dire che il Pnrr richiede una risposta proporzionata vista la sua natura unica, essendo un programma di spesa basato sulle performance. I sistemi di controllo nazionali costituiscono i meccanismi principali per proteggere gli interessi finanziari dell’Ue e sono gli Stati membri che devono assicurarsi che non ci siano conflitti di interessi e o frodi. E l’Italia ha in campo un sistema solido”.

Una presa di posizione che ha provocato la risposta stessa di Palazzo Chigi che, in serata, ha diffuso una nota ufficiale: “Il Governo condivide il fatto che il Recovery necessita di un quadro di controlli che siano adatti e proporzionati alla sua natura unica e in modo che i programmi di spesa si basino sull’efficienza. L’azione del governo si basa su questo principio”, si legge. “Il portavoce della Commissione Ue afferma che la Commissione europea non commenta i progetti di legge”, ma subito dopo – senza alcun approfondimento di merito – lo stesso portavoce fa seguire delle considerazioni che alimentano polemiche politiche strumentali che non corrispondono alla realtà”. Una risposta alquanto tesa da parte del governo Meloni che, sul punto, ha ribadito di non voler tornare indietro. E anzi ha citato gli utlimi confronti con i magistrati: “Ieri a Palazzo Chigi si è svolto un lungo, cordiale e proficuo incontro tra il Governo e la Corte dei conti. Nell’incontro è stata decisa all’unanimità l’apertura di un tavolo di lavoro per revisionare e definire meglio alcuni istituti relativi ai controlli sul Pnrr”. Infine, “sulla Costituzione, il diritto e la politica”, la lunga nota di palazzo Chigi invita la Ue a trarre “utili spunti sulla materia dalla lettura delle interviste di illustri costituzionalisti come Sabino Cassese, Cesare Mirabelli e Giancarlo Coraggio, che nelle ultime 24 ore hanno illustrato come l’intervento del Parlamento sia rispettoso della Costituzione, delle prerogative della Corte dei conti, improntato alla leale collaborazione tra le istituzioni”.

Allo stesso tempo però, l’Associazione dei magistrati contabili ha manifestato ancora una volta “preoccupazione per la decisione del governo di limitare le funzioni di controllo concomitante sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e di prorogare lo scudo erariale, le cui ragioni fondanti legate all’emergenza (è stato introdotto nel 2020 dal governo Conte II, ndr) sono venute meno”. La nota di giudici e pm della Corte dei conti ha ribadito quanto spiegato ieri dal loro presidente Guido Carlino in audizione a Montecitorio: “Protrarre l’esclusione della responsabilità per colpa grave commissiva pone rilevanti dubbi di costituzionalità e di compatibilità con la normativa eurounitaria e genera un clima di deresponsabilizzazione, che non rafforza, ma depotenzia, l’efficacia dell’azione amministrativa. Bene il dialogo con il Governo e l’apertura di un tavolo di confronto sulle riforme, così come il dibattito in sede parlamentare con l’audizione del presidente Carlino, ma nelle more resta la netta contrarietà per la conferma degli emendamenti”, ha attaccato l’Associazione. “Queste norme, qualora venissero approvate in via definitiva dal Parlamento, metterebbero a rischio il sistema di tutele poste a presidio della sana e corretta gestione delle risorse pubbliche. L’Associazione auspica che il dovuto approfondimento in sede parlamentare conduca al ritiro delle stesse“, conclude la nota.

Chi invece difende la posizione dell’esecutivo è il presidente emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese. Il governo “ha fatto benissimo” nel limitare “il controllo preventivo della Corte dei Conti” per quanto riguarda i progetti del Pnrr, ha detto parlando al Festival internazionale dell’economia di Torino. Una tesi simile a quella sostenuta dall’ex presidente della Corte costituzionale Cesare Mirabelli. “Posta la stima che mantengo per la Corte dei Conti e per il ruolo essenziale che svolge, quella del Pnrr è in tutta evidenza una situazione particolarissima che motiva l’esclusione del controllo concomitante”, afferma in un’intervista al Messaggero. La decisione del governo è “una scelta politica legittima che non credo inibisca in alcun modo il ruolo dei giudici della Corte”, ha detto. “Personalmente non sono affatto scandalizzato da una disciplina legislativa che per particolari ambiti escluda il controllo concomitante. Per di più senza toccare neppure quello successivo. Ritengo che la legge possa dettare questo tipo di disciplina senza che la Corte dei Conti possa sentirsi espropriata dalle proprie funzioni”. Peraltro, questo “può essere particolarmente ragionevole per procedimenti che richiedono tempi certi per l’adozione e la realizzazione di atti come nel caso del Pnrr. La Corte mantiene le sue facoltà di controllo successivo, direi che è sufficiente. Per di più se c’è già una forte azione europea in tal senso”.

Su una posizione opposta l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. “Caro direttore, per avere una conferma della mia preoccupazione, espressa sul suo giornale, sull’aumento di autoritarismo del governo, è bastato un solo giorno. Il braccio di ferro per limitare il ruolo della Corte dei Conti ne è un’ulteriore prova”. Sono le poche righe della lettera di Romano Prodi alla Stampa, pubblicata in prima pagina, nella quale l’ex premier torna sui temi della sua intervista con il quotidiano pubblicata il 31 maggio.