Cultura

Per le città storiche mala tempora currunt: largo al cemento, conservazione e riuso non esistono

Lo so, rischio di essere ripetitiva ma mala tempora currunt per i beni culturali. Amministrazioni di destra, di sinistra, di centro, vivono come una calamità naturale il fatto di avere nel proprio territorio edifici storici, parchi secolari, musei. Scatena viceversa il loro desiderio di potenza meglio onnipotenza, anzi la libido, inaugurare mega complessi, enormi scatole di cemento, piuttosto che recuperare l’esistente.

L’Italia è diventata il paradiso della GDO, delle multinazionali che aprono, con una frenesia inaspettata, centri commerciali, a discapito di botteghe storiche, patrimonio culturale di città, oltre che presidio di sicurezza. Ci si sta avviando verso la desertificazione dei centri storici, città intere, vie, piazze di piccole, medie, grandi città sono buie con saracinesche abbassate, un ambiente triste e surreale. In inverno già alle cinque del pomeriggio, è un azzardo passarci, tenuto anche conto che le amministrazioni comunali, per un presunto risparmio energetico, accendono sempre più tardi e con luci fioche.

I fautori di questi nuovi mega complessi commerciali, che coincidono con quelli delle Grandi Navi, almeno fra le mie conoscenze, sostengono che portano lavoro: sì, ma ne tolgono ad intere famiglie del piccolo commercio. Inoltre gli ingenti investimenti per realizzare queste opere potrebbero essere indirizzati al recupero di edifici demaniali pregevoli ma fatiscenti. Riconvertiti anche per usi diversi dall’originario potrebbero essere utili senza cementificare e cambiare lo scenario delle città.

Dovrebbe essere la politica a dare degli indirizzi in questo senso e non solo permessi a costruire nuovi complessi sempre più energivori, contrariamente a quanto viene fatto credere. Il riuso dell’esistente vale non solo per i centri commerciali ma anche per Teatri, Centri espositivi, Scuole, Ospedali, di cui ho già scritto. Dismettendo l’esistente vengono a crearsi enormi problemi, nell’avere un contenitore vuoto che si degrada sempre più, sia per fattori temporali, sia per incursioni di vandali di ogni genere.

Un lunghissimo elenco che va da Nord a Sud e bipartisan con amministrazioni che in maniera insensata programmano opere costose, brutte, inutili quanto deleterie per il tessuto storico. Smagliature irreversibili che cancellano la memoria alterano l’equilibrio come nel caso di Milazzo, con la piazza della Stazione, poi Torino con la Cavallerizza ed un continuo proliferare di grandi centri commerciali, di cui uno prossimo nella storica Galleria Subalpina.

Firenze, dove l’amica Patrizia Asproni conduce una battaglia contro il degrado e il recupero dello storico Stadio Franchi, Milano con le auto autorizzate sui marciapiedi per non parlare della demolizione di una palazzina del 1926 in stile eclettico nel quartiere di Porta Romana per costruirvici un ennesimo centro commerciale, mentre a Roma gran parte del centro è fatiscente, una continua distesa di bancarelle e negozietti con finto “made in Italy”. Si enfatizzano grandi opere, come il discutibile Ponte sullo Stretto e non si pensa alla manutenzione ordinaria, verde compreso.

I parchi cittadini sono per lo più trascurati , come il grande Parco del Meisino tra Torino e Moncalieri, dove si paventa un grande complesso sportivo. Torino poi asfalta il cuore del centro storico, non in senso metaforico ma reale, asportando le antiche lose (le lastre di pietra usate per la pavimentazione, ndr) per creare un manto bituminoso. Lo stesso destino, ai tempi di Marino, si prefigurava per Roma in piazza Esedra e vie limitrofe. Ne venni a conoscenza leggendo i programmi di opere per il Giubileo 2015 e denunciai qui il pericolo.

Cittadini, selciaioli, associazioni, politici intervennero e i sampietrini furono risparmiati, riparando le sconnessioni e lacune. Identica situazione per Torino, alcune vecchie lose sono effettivamente in frantumi, altre andrebbero riparate, io stessa sono caduta ma ciò non significa che si debba creare un nastro d’asfalto per la storica via Po, un lungo rettilineo, che va da piazza Castello a piazza Vittorio Veneto.

Le pavimentazioni dei centri storici vanno tutelate e restaurate, perché sono importanti come gli edifici che le adornano. Non capisco come istituzioni che si prefiggono di salvare i beni culturali, come a Torino la Consulta, non adottino tratti o vie storiche intere per recuperarle. Le vie, le piazze, come il caso di Piazza Marconi a Milazzo, vanno salvaguardate integralmente, selciato, alberature, sculture, fontane insieme agli edifici, solo così si potrà conservare la loro storica bellezza.