Mondo

A New York ho visto cos’è il machismo. E per la prima volta in vita mia ho reagito

di Ilaria Muggianu Scano

Mi trovo in una stanza d’albergo, nel cuore di Broadway, sono le quattro del mattino e sono sveglia. Il jet lag non c’entra, tra poche ore ho un impegno alla New York University, ma rifletto insistentemente sul diffuso fascino di una città costruita ad arte per esprimere a ogni angolo di strada questo incanto scintillante. Ma permane qualcosa di opaco, che toglie il sonno. Che cortocircuito morale si innesca quando il debito di violenza porta lo schiavo a sopraffare un altro schiavo?

Che abbia ragione Jacques Bénigne Bossuet: “Fra tutte le debolezze, la più grande è l’eccessiva paura di apparire deboli?”. Metti una sera di dicembre, nel cuore di New York, in piena Times Square, una mezza dozzina di intellettuali italiani con me, i cattedratici Duilio Caocci e Dino Manca, il manager culturale Anthony Muroni, la studiosa Angela Guiso e il giovane Campiello Matteo Porru, che compiono un bilancio delle giornate trascorse nell’ombelico del mondo a considerare che sì, c’è una certa sintonia tra la Italia e States, perché l’unica donna italiana ad aver raggiunto il traguardo del Nobel per la Letteratura è una che di diversity e inclusion ne ha dovute dissodare parecchio, che Grazia Deledda, grazie anche al loro lavoro qui in America, è finalmente una delle icone indiscusse del ribaltamento della sovraestensione patriarcale.

Ma da rimboccarsi le maniche nella direzione dei diritti di genere ce n’è parecchio, e nella Grande Mela, pavesata a festa, c’è più di qualche granello di polvere sotto il tappeto. Nella stessa strada in cui il marinaio che bacia l’infermiera davanti al celebre obiettivo di Alfred Eisenstaedt, pesce grande mangia pesce piccolo, anche se per nessuno è previsto menù ittico.

A ribellarsi, a nome di tutti, è il premio Campiello Matteo Porru, scrittore ed editorialista, che arso di sdegno riporta sui propri social l’episodio: “Andiamo a cena in un ristorante a quattro passi da Times Square. L’ordine lo prende una cameriera giovane, molto grintosa, sul braccio ha tatuato una data che cerco di immaginare cosa significhi. Le chiedo di accelerare i tempi il più possibile, se è possibile, “perché sono diabetico, devo mangiare”.

Lei annuisce, poi sorride. Che bel sorriso che ha. Dopo poco arrivano le insalate, poi le pizze e poi una pasta al sugo, forse degli spaghetti, che non abbiamo ordinato. Non la porta lei a tavola. La porta un uomo basso, con cattiveria, in modo maldestro. C’è stato un equivoco, diciamo. Lui sta fermo, non batte ciglio, lancia sul tavolo le ultime margherite e corre via.

Il tizio blocca fisicamente la sua collega, la nostra cameriera, e la rimprovera. Di più, la insulta, urlando. Ancora: la umilia. Che altro: la fa quasi piangere. E torna, lei, con gli occhi spenti, chiede scusa e si sincera che l’ordine ora sia corretto. Ora sì, tranquilla, ora sì e vedo tutta la sua passione andare via e andare via la premura, la cortesia, la professionalità con cui ci ha servito. Ma poi ritorna e spesso passa a chiederci se abbiamo un bisogno e, ancora più spesso, ci chiede come vada e noi le sorridiamo. Il collega continua a richiamarla.

Interveniamo – in modo molto sobrio – anche noi. It’s ok. It’s ok. Per dire: ha sbagliato, fine, amen, non ci siamo capiti. Sarà stato un equivoco di lingua, su. E lui no, non demorde, la aggredisce verbalmente. Per la prima volta in vita mia, a qualche metro da me, ho visto una scena che mi ha mostrato tutto il male del machismo, della violenza. Non era in tivù, non erano storie buie, non era una storia buia, era davanti a me. E per la prima volta in vita mia ho reagito.

A fine cena, ho abbracciato la ragazza. La mancia l’ho data solo a lei. Ho parlato con il titolare. Mi ha detto che prenderà provvedimenti, che una cosa del genere è inaccettabile. L’ha detto con occhi veri, vivi, e io gli credo. Voglio credere che esistano più uomini come lui e che gli stronzi violenti siano solo erbacce da strappare via”.

Se cultura fa rima con civiltà, o semplicemente con umanità.

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