Cultura

La chitarra battente oggetto di studi universitari: uno strumento popolare ricco di virtù

La chitarra battente, storico strumento tradizionale calabrese, dopo secoli di storia locale è oggi oggetto di un intero percorso di studi universitari: è dal 2020 infatti che il Conservatorio Statale di Musica “P. I. Tchaikovsky” di Nocera Terinese, in provincia di Catanzaro, ha attivato, accanto a strumenti quali la lira calabrese, la fisarmonica diatonica, la zampogna, la ciaramella, il bandoneon e la fisarmonica tradizionale, anche la prima cattedra italiana di chitarra battente affidata al maestro chitarrista Francesco Loccisano: “Fino al Settecento – narra Loccisano – questo strumento era diffusissimo anche nel nord Italia, persino nel sud della Germania, poi la Calabria è diventata la regione più importante nella produzione di chitarre battenti perché i maestri liutai De Bonis, famiglia di origini genovesi, furono chiamati qui, a Bisignano, dai Principi di Sanseverino proprio per la costruzione di chitarre battenti da distribuire alla popolazione locale”.

Sonorità, quelle di questo affascinante strumento a dieci corde, che oggi, grazie al riconoscimento ministeriale e al fraterno abbraccio accademico, muovendosi dalla tradizione si proiettano verso un futuro dagli scenari imprevedibili, dalle contaminazioni possibili, dalle poliedriche applicazioni in ambiti considerati per lungo tempo distanti anni luce dalle cosiddette musiche di interesse etnomusicologico: “I figli non sono di chi li fa – aggiunge Loccisano – ma di chi li cresce, e la chitarra battente, partendo dal ruolo determinante della famiglia De Bonis, è cresciuta per secoli tramandandosi nel tessuto sociale calabrese”.

Primo tra gli artisti italiani a portarla sui palchi fu negli anni Settanta Eugenio Bennato, ma anche Pino Daniele, affascinato dalle sue sonorità e caratterizzato da una curiosità fuori dal comune. Acquistò prima una De Bonis per poi farsi produrre una chitarra battente elettrica.

Strumento tradizionalmente destinato ad accompagnare le voci, la chitarra battente era infatti gergalmente chiamata “‘a chitarra du vinu”, quello strumento cioè da tirar fuori nei momenti di convivialità e in compagnia di un buon bicchiere di vino locale.

Oggi invece vive di vita propria e, grazie anche a ufficializzazioni accademiche di grande respiro, gode di una rispettabilissima autonomia artistica svincolata cioè da destinazioni d’uso precostituite. Ciò nondimeno, come ricorda il Maestro Loccisano, questo strumento resta ancora oggi fortemente ancorato alla più autentica missione della musica popolare, quella cioè di una musica non espressamente finalizzata alla produzione discografica, una musica che in un mondo globalizzato e asservito alle logiche del consumo vuole ancora ambire a esprimere il più puro sentimento di chi, con spinta tradizionale, ma innovativa al tempo stesso, si trova a suonarla.

Francesco Loccisano è uno di questi musicisti, e la sua chitarra battente, da poco prodotta dal liutaio Sergio Pugliesi, è testimonianza concreta, nella sua stessa fattura, di questo spirito tradizionale e innovatore al tempo stesso: un prodotto di alta liuteria che conserva nella sua stessa tastiera il segreto di questa doppia anima insieme all’ambizione di riconquistare l’antico primato di questo strumento, quello, in Italia, di chitarra nazionale.

“La chitarra battente – afferma Loccisano – è molto legata ai ritmi frenetici, al tarantismo, a un’irrequietezza che non deriva solo da fatti sociali, politici, ecc., ma anche dalla natura stessa, dal territorio spesso aspro, che volenti o nolenti ci forgia. Anche sulle melodie dolci, lente e tranquille però questa chitarra ne esce egregiamente, valorizzandole”.

Un appello dunque ai compositori, agli autori, ai produttori, quello di valorizzare uno strumento dalle declinazioni molteplici e imprevedibili e con esso un territorio meritevole di essere narrato amplificato e divulgato nelle sue spesso insolite virtù.