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Zelensky a Putin: “Non negoziamo con lui presidente”. E chiede entrata rapida nella Nato. Medvedev: “Ci avvicina alla Terza Guerra Mondiale”

Immediata la reazione del presidente ucraino all'annuncio dell'omologo russo. Una chiusura totale che, salvo passi indietro, non lascia spazio ad altre soluzioni se non quella militare, con la definitiva sconfitta di una delle due parti in guerra. Cresce così il rischio dell'utilizzo di un'arma nucleare

Volodymyr Zelensky respinge l’offerta di dialogo lanciata da Vladimir Putin dopo che quest’ultimo ha annesso unilateralmente alla Federazione russa il Donetsk, il Luhansk, Kherson e Zeporizhzhia. Ed erige una barriera forse invalicabile tra i due capi di Stato firmando la richiesta di annessione accelerata alla Nato affermando che nessun negoziato prenderà il via fino a quando Putin rimarrà presidente della Russia. Una chiusura totale quella del leader di Kiev che, salvo passi indietro, non lascia spazio ad altre soluzioni se non quella militare, con la definitiva sconfitta di una delle due parti in guerra. “L’intero territorio del nostro Paese sarà liberato dal nemico, il nemico non solo dell’Ucraina, ma della vita stessa, dell’umanità, della legge e della verità”, ha dichiarato Zelensky in un video. Mosca “cerca di rubare qualcosa che non le appartiene, vuole riscrivere la storia e ridisegnare i confini con omicidi, abusi, ricatti e bugie. L’Ucraina non lo permetterà. Se non la fermiamo, la Russia non si fermerà ai nostri confini. Altri sarebbero sotto attacco: Stati baltici, Polonia, Moldova, Georgia, Kazakistan“. La controrisposta arriva per bocca del vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitry Medvedev: “Zelensky vuole entrare rapidamente a far parte della Nato. Grande idea. Sta solo chiedendo all’Alleanza del Nord Atlantico di accelerare l’inizio di una terza guerra mondiale”.

In serata è intervenuto anche il presidente americano, Joe Biden, promettendo che “gli Stati Uniti non si faranno intimidire da Putin o dalle sue minacce o dalla farsa che ha organizzato stamattina. Siamo preparati a difendere ogni centimetro della Nato”, ha detto ancora prima di affrontare il tema dello scambio d’accuse sul presunto sabotaggio al gasdotto Nord Stream: “Le fughe di gas dal Nord Stream sono state causate da un attacco deliberato. Quello che dice Putin sono solo bugie”, ha concluso riferendosi alle accuse del presidente russo rivolte agli Usa.

La situazione sul campo è però cambiata radicalmente dalle 15 (ora italiana) di venerdì, quando il capo del Cremlino ha annunciato che i territori nei quali si sono svolti i referendum illegali sono da ora in poi a tutti gli effetti parte della Federazione, nonostante il riconoscimento unilaterale. Ogni attacco sferrato oltre la linea di confine sarà considerato un attacco allo Stato russo che potrebbe provocare anche l’utilizzo di un arma nucleare da parte dell’esercito di Putin. Riguardo alle aree di Kherson e Zaporizhzhia, i loro confini, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, devono essere chiariti, mentre Putin ha precisato che per Donetsk e Luhansk valgono quelli del 2014, anno dell’inizio della guerra nel Donbass. È attesa per l’intervento da Bruxelles alle 18 del segretario della Nato Jens Stoltenberg.

Mentre la situazione diplomatica degenera, il conflitto non conosce tregua, con altre vittime, feriti e corpi di civili in strada. Almeno 30 persone sono morte e 28 sono rimaste ferite in un attacco russo contro un convoglio umanitario che stava lasciando Zaporizhzhia. “Le persone erano in fila per lasciare il territorio temporaneamente occupato, per andare a prendere i parenti, per fornire aiuti”, ha dichiarato il capo dell’amministrazione militare regionale, Oleksandr Starukh, sul suo account Telegram. Immagini e video della scena mostrano veicoli distrutti e alcuni corpi in strada. “Al momento è impossibile anche contare il numero di morti e feriti”, ha commentato il sindaco di Melitopol, Ivan Fedorov. Ma secondo Vladimir Rogov, funzionario dell’amministrazione filo-russa di Zaporizhzhia citato dall’agenzia Tass, i responsabili dell’attacco sono le forze ucraine, che hanno colpito una colonna di auto che si stava formando per “dirigersi verso i territori liberati”.

Le truppe di Kiev sono intanto entrate a Yampil, nella regione di Donetsk, a sud-est di Lyman, in cui, secondo analisti occidentali e con la conferma dei filorussi, gli occupanti si sono trovati in un “accerchiamento operativo”. Una situazione che riporta in primo piano la minaccia nucleare di Putin, che nei giorni scorsi aveva già dichiarato che le aggressioni contri i territori annessi sarebbero state aggressioni alla Russia. E per difendere la sua integrità, ha aggiunto, avrebbe usato “ogni mezzo a disposizione”. Stessa posizione del vicepresidente del Consiglio di sicurezza, Dmitry Medvedev, che aveva dichiarato che l’ipotesi del nucleare era ancora sul tavolo nel caso di attacco dei territori annessi tramite il referendum. Minacce prese sul serio dal segretario della Nato Jens Stoltenberg così come dai governi occidentali. Peskov però, pur confermando la posizione del presidente, puntualizza che il Cremlino “non svilupperà” il tema dell’escalation nucleare e le persone che ne parlano “si comportano in modo irresponsabile. Tuttavia – ha aggiunto – esortiamo tutti a comportarsi in modo responsabile”.

Dalla Russia intanto prosegue la fuga di migliaia di cittadini verso l’estero per evitare la mobilitazione parziale e, dopo la Finlandia, anche la Norvegia pensa di chiudere i confini “con breve preavviso”. “La mobilitazione in Russia e un possibile divieto di viaggio per i cittadini russi aumentano il rischio di attraversamento illegale della frontiera sul confine norvegese-russo al di fuori del valico di frontiera di Storskog“, afferma il governo di Oslo in una nota. Da oggi un elicottero della polizia con sensori opererà nel distretto di Finnmark. Sul reclutamento forzato interviene anche l’oppositore numero uno di Putin, Alexey Navalny, che durante il collegamento video nel corso del processo a suo carico bolla la guerra in Ucraina come “ingiusta e criminale” e la mobilitazione “ugualmente criminale” e “anche molto stupida”.

Mentre Unione Europea, Stati Uniti e Turchia hanno già dichiarato che non riconosceranno l’esito referendario, Washington ha annunciato martedì che avrebbe messo sul tavolo del Consiglio di sicurezza dell’Onu insieme all’Albania una risoluzione per “condannare i falsi referendum, invitare gli stati membri a non riconoscere alcuno status modificato dell’Ucraina e costringere la Russia a ritirare le sue truppe dall’Ucraina“, come ha dichiarato l’ambasciatrice americana Linda Thomas-Greenfield. E se la Russia usa il suo veto “per proteggersi, allora ci rivolgeremo all’Assemblea generale per inviare un messaggio inequivocabile a Mosca“, ha aggiunto. Se il veto russo non è in dubbio, sarà soprattutto la posizione della Cina, talvolta accusata dagli occidentali di essere troppo conciliante con la Russia, che sarà esaminata con attenzione. Pechino, ufficialmente neutrale, ha ribadito questa settimana il suo appello al rispetto dell’integrità territoriale “di tutti i paesi”. Anche la posizione dell’India sarà attentamente monitorata. I due paesi asiatici si erano astenuti a febbraio, il giorno dopo l’invasione russa, quando Mosca aveva posto il veto in Consiglio a una risoluzione che denunciava la sua “aggressione” all’Ucraina.