Ambiente & Veleni

Greenpeace contro l’Ue per il gas e nucleare nella Tassonomia verde: avviata l’azione legale

Otto uffici europei, compreso quello italiano, contestano l’inclusione nell’elenco degli investimenti sostenibili: "Così si violano la Legge europea sul Clima e gli obblighi definiti dall’Accordo di Parigi del 2015". La Commissione ha tempo fino a febbraio 2023 per ritirare gli atti delegati. In caso contrario, la questione finirà davanti alla Corte di Giustizia Ue: "Marchio verde fasullo, incompatibile con le norme"

Otto uffici europei di Greenpeace, tra cui quello italiano, avviano un’azione legale contro l’inclusione di gas e nucleare nell’elenco degli investimenti sostenibili della Tassonomia verde. Una decisione assunta, a febbraio 2022, dalla Commissione europea e contro cui, a luglio scorso, il Parlamento Europeo non è riuscito ad adottare una obiezione formale. “Nonostante la diffusa opposizione dei cittadini europei, degli scienziati del clima, delle istituzioni finanziarie e delle organizzazioni ambientaliste”, fa notare l’organizzazione non governativa. Tant’è che proprio a luglio, Greenpeace aveva già annunciato l’intenzione di presentare una richiesta formale alla Commissione Ue di revisione interna e, in caso di esito negativo, che avrebbe portato la causa alla Corte di Giustizia europea. Gli altri uffici che hanno deciso di avviare l’azione legale sono quelli di Germania, Francia, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Europa Centrale e Orientale e la Greenpeace European Unit. Tutti hanno inviato una richiesta formale per una revisione interna (Request of Internal Review) alla Commissione. Secondo Greenpeace, infatti, l’inclusione di gas e nucleare nella tassonomia viola il regolamento sulla tassonomia Eu 2020/852, ma anche la Legge europea sul Clima e gli obblighi dell’Ue definiti dall’Accordo di Parigi del 2015.

La Commissione al bivio – La Commissione, che ha tempo fino a febbraio 2023 per leggere le motivazioni di Greenpeace e replicare, può concordare con esse e ritirare gli atti delegati complementari che hanno aggiunto gas e nucleare alla Tassonomia. In caso contrario, Greenpeace – proprio come annunciato – porterà la questione all’attenzione della Corte di Giustizia UE. “Questo marchio verde fasullo è incompatibile con le norme Ue sul clima e sull’ambiente”, ha dichiarato Ariadna Rodrigo, della campagna Finanza sostenibile di Greenpeace European Unit, sottolineando che “il gas fossile è una delle cause principali della crisi climatica ed economica, mentre per il nucleare non c’è ancora nessuna soluzione al problema delle scorie e il rischio di incidenti è troppo elevato per poter essere ignorato”. Eppure la delicata e complessa situazione geo-politica, che si è aggiunta a una crisi legata ai prezzi delle materie prime già in essere al momento dell’invasione dell’Ucraina, fin da subito ha frenato la transizione green, facendole fare passi indietro, come si evince anche da discorsi dei politici che si contendono la guida del Paese alle imminenti elezioni. “Quest’inverno dovremo affrontare una crisi energetica e bollette salate. È vergognoso – aggiunge Ariadna Rodrigo – che chi ha causato questa crisi energetica ne approfitti mentre le persone soffrono”.

L’allarme dell’Agenzia internazionale dell’Energia – Al momento, il gas fossile è la maggior fonte di emissioni nella generazione elettrica in Europa, mentre l’Agenzia internazionale dell’Energia (IEA) ha avvisato che nuovi impianti a gas impediranno di raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. “L’energia nucleare genera scorie radioattive pericolose e usa notevoli quantità di acqua dolce per raffreddare gli impianti, con impatti ambientali considerevoli. Inoltre – scrive Greenpeace – i tempi lunghi per realizzare le centrali nucleari in Occidente (10-15 anni) e i costi crescenti escludono ogni loro utilità nella risposta alla crisi climatica, che richiede interventi urgenti” come, tra l’altro, documentato da ilfattoquotidiano.it e FQ Milllennium. D’altronde serve una strategia a lungo termine anche alla Francia, Paese che ricava dai reattori quasi il 70% dell’energia e dove in nome del nucleare lo Stato fa causa a se stesso. A poche settimane dall’annuncio del governo francese ormai prossimo alla completa nazionalizzazione del colosso energetico (di cui già deteneva una quota dell’84%), infatti, la scorsa estate Edf ha deciso di intentare una causa proprio contro lo Stato, chiedendo un risarcimento di 8,3 miliardi di euro per le perdite subite dopo l’estensione del price cap a cui il gigante energetico deve attenersi per compensare la sua posizione di monopolio. In pratica, sono stati assegnati a Edf altri 20 TWh (terawattora) da vendere per il 2022 a prezzo regolamentato (46,2 euro per Megawattora), in aggiunta ai precedenti 100 TWh, che vende a 42 euro.