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La Cina lancia i Dongfeng-17 verso Taiwan: i missili ipersonici di Pechino che non possono essere intercettati (nemmeno dagli Usa)

Si tratta di Hypersonic glide vehicles (Hgv) capaci di raggiungere velocità 5 volte superiori a quella del suono, manovrabili durante la fase di volo e difficilmente individuabili dai sistemi anti-missilistici data la loro bassa quota. Una tecnologia che nemmeno Washington, al momento, è stata in grado di sviluppare e dalla quale non sarebbe in grado di difendersi

La risposta cinese alla visita della speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, a Taiwan non si è fatta attendere. Pechino ha lanciato le più grandi esercitazioni militari della sua storia intorno all’isola ‘ribelle’ con il chiaro intento di mostrare al governo di Taipei e ai suoi alleati le capacità belliche di cui dispone. Tra gli armamenti dispiegati dalla Cina al largo di Taiwan spiccano i missili a media gittata Dongfeng-17, uno dei più avanzati sistemi d’arma esistenti e che nemmeno gli Usa sono in grado di eguagliare. Almeno per il momento. Pechino infatti ha investito molto più degli Stati Uniti nella realizzazione di questo particolare tipo di arma, tanto da essere riuscita a inserirlo già nel proprio arsenale. Un traguardo raggiunto negli ultimi anni anche dalla Russia, come dimostra l’impiego di diversi missili ipersonici di tipo Kinzhal nel teatro bellico ucraino.

Attualmente esistono due tipi di missili ipersonici, ossia quelli in grado di raggiungere una velocità di Mach 5, cioè almeno cinque volte superiore a quella del suono (dove Mach 1 indica la velocità del suono). La prima categoria è composta dai missili ipersonici da crociera, quelli sganciati da un cacciabombardiere, capaci di trasportare tanto una testata convenzionale quanto una nucleare e dotati di un motore scramjet o ramjet grazie al quale possono raggiungere la velocità ipersonica. La seconda categoria invece è quella dei veicoli a planata ipersonica, noti con il nome inglese di Hypersonic glide vehicles (o HGV). A differenza dei missili balistici classici, gli HGV sono manovrabili durante la fase di volo e difficilmente individuabili dai sistemi anti-missilistici data la loro bassa quota. Gli alianti manovrabili infatti seguono una traiettoria più bassa rispetto a quella balistica classica, risultando così meno prevedibili e più difficili da intercettare, e non hanno bisogno di un sistema di propulsione apposito per raggiungere la velocità di Mach 5, come nel caso dei missili ipersonici da crociera. Un HGV raggiunge l’esosfera tramite un booster, ossia un vettore autopropulso, dal quale si stacca per poi planare attraverso l’atmosfera e distruggere così il proprio obiettivo grazie alla sola energia cinetica accumulata durante il volo. Data la loro potenza non è necessario che siano equipaggiati con una testata atomica, il cui impiego è invece preferibile quando si tratta di missili balistici, molto più imprecisi.

I Dongfeng-17 (o DF-17) schierati dalla Cina al largo di Taiwan rientrano proprio nella categoria degli HGV e rappresentano una grave minaccia per la sicurezza di Taipei (e degli Usa). Come detto, questo sistema d’arma è manovrabile e difficilmente intercettabile, pertanto è in grado di bucare i sistemi anti-missilistici ad oggi esistenti, compresi quelli americani. Gli Usa però stanno cercando di correre ai ripari, investendo sempre più fondi per il rafforzamento delle capacità di difesa ancor più che per quelle di attacco. Ad oggi, infatti, l’arsenale statunitense è privo di missili ipersonici, anche se tra maggio e luglio del 2022 sia la US Air Force che la Defense Advanced Research Projects Agency (Darpa), l’agenzia del Pentagono che conduce attività di ricerca e sviluppo, hanno testato con successo questo tipo di tecnologia.

Ma ciò che interessa maggiormente gli Stati Uniti è per l’appunto la creazione di un sistema di preallarme e di difesa in grado di intercettare e neutralizzare gli HGV, a cui sta lavorando la Missile Defense Agency. Il progetto, noto come Regional Hypersonic Missile Defense System, sfrutta il sistema anti-missilistico Aegis di cui sono dotate le unità navali americane e due intercettori, il missile Sm-6 Standard e il Glide Phase Interceptor, ancora in fase di sviluppo e il cui compito sarebbe quello di colpire le testate HGV durante la fase di planata. Il sistema dovrebbe anche appoggiarsi alla rete di sensori terrestri e spaziali, questi ultimi fondamentali per individuare l’HGV nella fase iniziale di volo e aumentare così le possibilità di abbattimento prima che il missile raggiunga il suo obiettivo.

Un altro problema a cui gli Usa devono porre rimedio riguarda l’estensione geografica del sistema di difesa. Gli HGV possono attaccare anche dal Polo Sud, ma i sistemi anti-missilistici
attualmente in funzione sono pensati per contrastare minacce proveniente dall’emisfero settentrionale, l’unico coperto dalla rete di localizzazione e di allerta precoce. Una carenza evidenziata già un anno fa dal lancio di un HGV cinese che, secondo il Financial Times, avrebbe fatto il giro del globo nello spazio volando nell’orbita bassa della Terra prima di dirigersi verso il suo obiettivo. Il test non è del tutto riuscito dato che il missile ha mancato di circa 30 chilometri il suo target, ma ha comunque allarmato i vertici militari del Pentagono, colti di sorpresa dal grado di avanzamento tecnologico raggiunto dalla Cina.

Al momento però i missili ipersonici rappresentano una minaccia limitata se paragonata a quella dei moderni missili balistici, sempre più difficili da intercettare e realizzabili a un costo decisamente inferiore. Gli stessi Usa hanno dovuto sviluppare un nuovo sistema difensivo navale, l’Aegis, per rispondere alla crescente pericolosità dei missili balistici, arrivando anche a realizzarne una versione terrestre già presente in Romania e in fase di installazione in Polonia.

Di certo l’aumento dell’interesse delle grandi potenze verso le armi ipersoniche e il proliferare di test sono il segno di una nuova pericolosa corsa al riarmo e di un possibile cambio negli equilibri militari mondiali, a svantaggio – almeno per il momento – dell’Occidente.