Società

Torino e Marsiglia due facce della stessa medaglia: qui si sperimentano nuove forme di cittadinanza

Chi vuol vedere come saremo fra vent’anni guardi agli Usa, offrono illuminanti flash di futuro (non sempre c’è da stare allegri) o a Marsiglia, capitale del Midi francese. Ci vado spesso, è una scheggia d’Africa a due passi dalla Costa Azzurra, metropoli che straborda energia, con i lati oscuri e scintillanti di una città multiculturale, in precario equilibrio tra il mondo occidentale e quello africano-nordafricano. Ha molte analogie con i quartieri nord di Torino, con la “mia” Barriera di Milano e il quartiere Aurora del recente duello al machete per strada. Nelle periferie, “deserti” con milioni di persone, troviamo la coscienza della città.

A Marsiglia ci sono aree off-limits, un film come Bac Nord racconta i famigerati quartiers nord, un altro, Les Misérables, descrive le analoghe banlieues parigine. Entrambi dicono come diventeranno le nostre periferie, se le amministrazioni continueranno a lasciarle senza interventi strutturali (altro che installazioni artistiche!) e senza politica, in balia del peloso pietismo e della retorica. Servono quartieri e scuole condivise, lotta alle spaventose differenze economiche. Che risposta diamo alla miseria materiale e morale? Spritz e movida? Ronaldate, vetrine firmate? Il “tetteculismo” di Tiktok, masse e concerti nei parchi aulici?

A Torino si parla tanto di sobborghi, ma si combina poco: fece di più Giordano Bruno, spostando in periferia il centro dell’universo; il nostro sole sono Piazza Vittorio, Murazzi e centro storico, locali e binge drinking. Perché non organizzare “divertimentifici” anche in cintura, in Barriera di Milano (odioso il modaiolo “a Barriera”, moto a luogo), Borgata Vittoria, borgo San Paolo, Mirafiori? Senza “gentrificare” i quartieri (avviene anche a Marsiglia: nel Panier, sempre più per fighetti e “bo-bo”, bourgeois bohémiens, o alla Plaine), evitando che la speculazione edilizia respinga le fasce più basse della popolazione.

Ogni volta che si sente rumore di armi e coltelli tocca mettere mano alla cultura, all’educazione, senza buonismi o retorica. Bisogna starci, nelle periferie. Non basta “essere vicini” al popolo, bisogna essere popolo, noi torinesi nativi della Barriera di Milano sappiamo cosa significhi. Chi arriva dalle periferie del mondo non va lasciato affogare nella palude dell’ignoranza e della violenza: che fine ha fatto la giustizia sociale? A Marsiglia e Torino sperimentiamo nuove forme di cittadinanza: essere allo stesso tempo magrebini e francesi, e italiani; come i ragazzi franco-algerini che per le partite della nazionale sventolano la bandiera della Francia e quella dell’Algeria. L’alternativa? Lo sprofondo. A proposito di profondità, al Mucem di Marsiglia hanno inaugurato la riproduzione della grotta di Cosquer: una cappella Sistina dell’antichità a disposizione di tutti.

Marsiglia è di chi ci arriva, diceva Izzo, come le città del mondo. Marsiglia sa essere rocciosa come Saint Victor, chiesa-fortezza che compare anche ne Il sole dei morenti, il capolavoro di Jean Claude Izzo (aveva origini napoletane) sui clochard. Marsiglia è accoglienza. È la città di Simone Weil e Varian Fry, che salvò centinaia di ebrei ed esuli durante la II guerra mondiale. È la città del primo ristorante “solidale” in Europa, aperto pochi mesi fa, che offre un pasto ai clochard per un euro, stesso menù e tavoli degli altri clienti. Nell’era delle barriere, dell’esclusione, dell’”esclusivo” e del narcisismo, è una bella notizia.

Sfruttamento, miseria materiale e morale nelle periferie del mondo, dalla downtown di Los Angeles ai quartieri caldi di Lione e Saint Étienne a Porta Palazzo, sono le piaghe su cui hanno buon gioco i fanatici della religione. Altro che “racaille”, la feccia di Sarkozy. Serve cultura vera, non quella elitaria e snob di quattro gatti che parlano fra loro. Il futuro, vale per italiani e francesi, americani, cinesi e messicani, sarà di chi è qualcosa di più, non “di meno”. Di “sia-sia”: sinoitaliani, italosenegalesi, francoalgerini… È questa la globalizzazione che ci piace.

Forse ho le traveggole, forse ho bevuto troppi pastìs (piacevano al Santo bevitore di Joseph Roth). Ha giusto compiuto 90 anni una delle marche più diffuse di Francia, il Ricard marsigliese. Roth beveva e scriveva, forse la movida del binge drinking produrrà qualcosa, che so, Casino Totale di Izzo (titolo originale: Total Khéops, penso ai Massillia Sound System e agli IAM) , o una canzone di Gianmaria Testa (era mio cugino!), Ritals ad esempio…