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Ucraina, altro che Nato: la strada per una iniziativa tutta europea è libera

di Michele Marchesiello

Un buon atteggiamento nei confronti della vita, quello che oggi è banalizzato dal termine così abusato di ‘resilienza’, consiste nel cercare di trasformare un ostacolo o una difficoltà in impreviste opportunità. (…)

Accade ora con la questione della Nato, espressione militare per alcuni di un ‘regno del male’, per altri rimedio finale e definitivo contro le più oscure minacce provenienti da un opposto ‘regno del male’. (…) Il meccanismo Nato sì/Nato no può essere spezzato in vari modi. Certo non invocandone a gran voce lo scioglimento, come alcuni si avventurano a fare, nella fantasiosa prospettiva di interventi dei caschi blu Onu come forza ‘di pace’. Le guerre jugoslave, Srebrenica, il Ruanda insegnano. Ma esistono alternative che varrebbe la pena esplorare. (…)

Più praticabile – nella logica del possibile – è l’idea di un’alleanza occidentale europea, modellata sulla Nato, non ad essa contrapposta né subordinata, ma resa complementare su un piano di effettiva parità. Chiamiamola, in ipotesi, Ted, Trattato di Difesa Europea. Con due importanti obiettivi: fare davvero un passo in avanti verso un futuro ‘esercito europeo’ (allo stato non realizzabile per molte ragioni), e disinnescare la sindrome russa dell’accerchiamento da parte della Nato, togliendo a Putin uno dei principali argomenti che sembrano assicurargli un vasto consenso in patria.

La stessa, preziosa, neutralità internazionale potrebbe essere salvaguardata da una alleanza inedita tra paesi europei che hanno ormai il ‘ripudio’ della guerra nel proprio dna. Dell’alleanza potrebbero far parte, senza contraddirsi, anche paesi storicamente votati alla neutralità. Sarebbe forse sufficiente includere nel trattato un protocollo per quegli Stati ‘neutrali’ disposti a prendere le armi solo quando la stessa neutralità – loro o di un altro paese membro – fosse messa in pericolo. (…)

La ‘Carta’ istitutiva del trattato Nato non contraddice questa impostazione e – piuttosto – la prevede. (…) Il trattato non richiede, tout court, che le parti aderenti al trattato siano obbligate a intervenire con l’uso della forza armata in difesa della parte aggredita. L’articolo 5 dichiara espressamente che ‘ciascuna di esse… assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo… l’azione che riterrà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata’: il ricorso alla ‘forza armata’ è dunque solo una, l’estrema, eventuale e non obbligata, delle misure che dovrebbero essere intraprese immediatamente. Ma – di più – l’articolo 52,1 della Carta dell’Onu prevede e addirittura incoraggia la creazione di accordi o organizzazioni ‘regionali’ per la trattazione delle questioni concernenti il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, ‘che si prestino a un’azione regionale, purché tali accordi o organizzazioni e le loro attività siano conformi ai fini e ai principi delle Nazioni Unite’.

Un’ultima considerazione, infine, riguarda le trasformazioni davvero ‘epocali’ che la vicenda Ucraina ha da ultimo rivelato quanto all’idea stessa di guerra e conflitto armato. La partecipazione a un conflitto non avviene più, necessariamente, nella forma dei ‘boots on the ground’, dello scontro diretto e sul terreno tra eserciti nemici. Esistono forme indirette ma decisive di partecipazione e assistenza che escludono tuttavia il riconoscimento formale di uno stato di guerra tra due paesi. Certo, i combattimenti sanguinosi, i bombardamenti, il tragico coinvolgimento dei civili appartengono al retaggio eterno e sempre più brutale della guerra. La vicenda ucraina mostra tuttavia l’importanza spesso decisiva di modalità diverse, soprattutto di quella che si potrebbe chiamare ‘partecipazione senza intervento’: dalla fornitura di armamenti sofisticati, quali i micidiali droni, alla formazione del personale combattente, alla logistica, alla messa a disposizione di basi sicure, al supporto tempestivo dell’intelligence, all’attenta mobilitazione dei mezzi di informazione e propaganda.

La strada sembra dunque libera per una iniziativa europea: occorre solo decidere di intraprenderla.

[L’articolo integrale si può leggere in questo numero 108 di Nonmollare – clicca sull’icona]