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Ucraina, la guerra fredda è finita: smarchiamoci dagli Usa e diamo ascolto alla Costituzione

di Francesco Spada

Mandiamo armi agli ucraini per resistere però non vogliamo impegnarci direttamente nel conflitto perché rischiamo un’escalation che potrebbe portare a conseguenze disastrose. Per questa stessa ragione le armi che mandiamo permettono solo la resistenza e non permettono agli ucraini di contrattaccare i russi, perché, altrimenti, i russi avrebbero tutto il diritto di bombardare i convogli che trasportano armi pesanti in Ucraina, interpretandoli, ovviamente, come una aggressione vera e propria e scatenando, inevitabilmente, una reazione della Nato.

La conseguenza è che spendiamo milioni di euro in armi piuttosto che in aiuti umanitari; imponiamo sanzioni che, a lungo andare, potrebbero fare più male ai sanzionanti che al sanzionato; prolunghiamo la guerra, con l’intento di logorare Putin, ma con il solo risultato di sortire milioni tra vittime e sfollati; non ci impegniamo nella ricerca della pace, perché lo scopo è quello di portare Putin a una trattativa senza che sia lui ad avere il coltello dalla parte del manico, ma sperando che la resistenza ucraina lo convinca a sedersi a un tavolo. Insomma, stiamo facendo tatticismo politico sulle spalle di milioni di persone che continueranno a morire e soffrire a causa della nostra incauta politica estera e che continuiamo a illudere con qualche fucile mitragliatore e qualche scatolone di viveri.

Insomma Putin è quello che è, e su questo non ci piove. Ma noi, alla fine, siamo tanto migliori? Ma a questo punto, quale la soluzione?

La realtà è che avremmo bisogno di leader illuminati, che abbiano il coraggio, contro le lobby, contro i propri interessi elettorali e contro i consigli interessati, di cercare la pace subito e con impegno, perché ogni giorno che passa non è un giorno che avvicina alla tregua, ma è un giorno che allunga la scia di morte, distruzione e dolore.

D’altronde, è scritto nella nostra Costituzione cosa dovremmo fare. Se l’Italia, davvero, ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, allora dovrebbe schierarsi per la pace, anche se questo vuol dire andare contro la grande massa delle altre nazioni alleate. Questo perché il mondo non si cambia schierandosi acriticamente dalla parte dove conviene stare; l’umanità non progredisce, se nessuno prende delle decisioni controcorrente; essere in una coalizione, non vuol dire obbedire al più potente, ma affermare, all’interno di una consociazione, il proprio essere e le proprie idee, al fine di far evolvere quella stessa coalizione.

E’ finito il tempo della guerra fredda, del servilismo nei confronti degli americani. Non c’è più ragione di continuare con questa vecchia idea dei blocchi contrapposti, che fa tanto bene ai presidenti americani per la loro rielezione, ma fa tanto male a una Europa che non solo non riesce a trovare coesione, ma addirittura trova una guerra a pochi chilometri dal suo cuore.

Se vogliamo vivere in un mondo migliore dobbiamo smarcarci, affermare le nostre peculiarità. L’Italia non è una nazione bellicosa ma è una nazione che da anni porta avanti, anche con successo, la politica del compromesso e della diplomazia. Bene, è ciò che dovrebbe continuare a fare, però non più sottobanco, non più facendo la faccia dura per accontentare gli alleati e muovendo le mani di nascosto alla ricerca dell’accordo: dovrebbe operare alla luce del sole, ritagliandosi, nel tempo, lo spazio e la credibilità perdute agli occhi di chi le guerre proprio non riesce a tenerle lontane.

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