Società

Covid, perché imporre il green pass al lavoro anziché concentrarsi sugli over 60 non vaccinati?

Ottobre 2021, mese da ricordare: il profilo epidemiologico dell’Italia è – a un anno e mezzo dall’inizio della pandemia – tra i migliori d’Europa. All’aumento dei contagi non segue una crescita dei decessi come nelle precedenti tre ondate, grazie anche alla campagna vaccinale. Ha quindi senso, soprattutto da un punto di vista sanitario, il green pass? Chiediamo: quali soglie stabiliscono che il virus sia diventato endemico e possa essere derubricato a normale patologia? E fino a quando lo stato di emergenza è giustificato?

Basandoci su dati scientifici, non possiamo che concordare sull’efficacia del vaccino (riduzione della morbilità e della mortalità nelle persone a rischio, anche con la variante Delta); si tratta di stime, non di verità assolute. Richard Horton, direttore di The Lancet, afferma che, in una sindemia, malattia e mortalità sono collegate alle condizioni socio-economiche, e sottolinea che, per ridurre la mortalità, poco contano efficacia di farmaci e vaccini se non ci preoccupiamo che larga parte della popolazione non ha accesso a cure efficaci, causa le diseguaglianze sociali peraltro accentuate dalla crisi conseguente al lockdown e ad altre misure di contenimento.

Non si può quindi pensare di puntare solo sul vaccino. Servono cambiamenti radicali – investimenti sulla sanità territoriale, sulla prevenzione primaria per tutte le patologie – ed è necessario rendere i servizi sanitari accessibili a tutti, altrimenti il Covid-19, ma anche le malattie oncologiche e cardiovascolari, continueranno a tenere alta la mortalità.

Perché continuare con misure di prevenzione che considero di dubbia efficacia, anche ora che abbiamo un’ottima situazione epidemiologica? Non sarebbe il caso di seguire esempi virtuosi, come la Danimarca? In Danimarca è stato introdotto un Corona Pass (equivalente del nostro Green Pass) per l’accesso a svariati luoghi ma, una volta raggiunto l’obiettivo di ampia copertura vaccinale (sovrapponibile a quello che abbiamo in Italia), la certificazione e le misure restrittive sono state eliminate.

Veniamo ora al Green Pass all’italiana.

Che può essere utile nelle rsa, o per i sanitari negli ospedali, ma è soprattutto alla fascia degli over 60 non vaccinata che devono convergere gli sforzi di persuasione, spiegando il rapporto rischi/benefici derivanti dal vaccino. È qui che andrebbero concentrati gli sforzi, non certo con l’obbligo della certificazione verde al lavoro, o nei luoghi di studio. Ricordiamo che moltissimi giovani si sono vaccinati nella speranza di tornare alla normalità, non certo per timore di una malattia che li colpisce in forma grave in percentuali prossime allo zero.

Sul Green Pass nelle scuole. A inizio pandemia è comprensibile che siano state prese alcune misure drastiche: Sars-CoV-2 era infatti un virus sconosciuto, imprevedibile. Ma nella seconda ondata alcune cose si sapevano; eppure ha prevalso un approccio di epidemiologia difensiva, che non teneva conto dei rischi connessi alle chiusure e dell’inutilità di molte misure restrittive. In quei mesi lavorammo per analizzare dati provenienti da diverse fonti. Arrivammo a una pubblicazione scientifica che, insieme ai ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, che abbiamo vinto, contribuì alla riapertura delle scuole. Lo studio dimostrava che le scuole sono uno dei luoghi più sicuri; gli studenti contagiano e si contagiano meno degli adulti; non c’è stata associazione tra apertura delle scuole e aumento dell’indice Rt durante la seconda ondata dell’epidemia. Quando ad aprile 2021 il premier Draghi ha riaperto le scuole non si sono visti innalzamenti della curva, né focolai nelle scuole, eppure allora non c’era Green Pass e gli insegnanti non erano tutti vaccinati come adesso.

Alcuni affermano che il Green Pass mette in sicurezza le scuole, ma la domanda è: di quale sicurezza e di quale salute stiamo parlando, con i ragazzi (quelli che risultano contatti stretti, ndr) costretti alla Didattica a Distanza a causa delle quarantene per un solo caso? I neuropsichiatri stanno mandando un grave allarme rispetto al disagio psicologico degli adolescenti. Si sono registrati incrementi di tutte le patologie psichiatriche, aumenti di casi di depressione, di anoressia e bulimia, di tentativi di suicidi. Inoltre, che scuola è quella che propone misure differenziate tra vaccinati e non vaccinati, non essendo il vaccino obbligatorio?

Ritengo che queste misure introducano discriminazioni che nei giovani soprattutto possono creare gravi disagi psicologici. Ora in Italia abbiamo una percentuale altissima di vaccinati tra gli insegnanti e tra gli studenti. Che senso ha chiedere il Green Pass?

Secondo un recente articolo su una delle più importanti riviste medico scientifiche, il New England Journal of Medicine e secondo le analisi dei Real World Data pubblicati dal CDC, i vaccini sono molto efficaci nel ridurre la malattia seria con la variante Delta in particolare quando si hanno due dosi. Per cui i vaccinati possono stare tranquilli rispetto al rischio di malattia. Inoltre in medicina è fondamentale valutare sempre il bilancio rischi/benefici per età perché si tratta comunque di un trattamento sanitario su persone sane, e questo rapporto è nettamente a favore del vaccino più si avanza con l’età.

Anche se nessuno nega che possano esserci effetti avversi anche gravi, i pericoli sono di meno rispetto al rischio di finire in terapia intensiva o di morire se ci si contagia in età avanzata o in presenza di altre patologie che possono aggravare il quadro clinico. È questo che andrebbe spiegato alle persone che corrono più rischi, ma senza ricatti che creano contrapposizioni, irrigidimento e scontro sociale.

Proprio perché i vaccini dimostrano la loro capacità di contenere l’esito grave della malattia, decongestionando ospedali e TI, potremmo cominciare a pensare al resto dei problemi del paese e dismettere il Green Pass che alimenta contrapposizioni quando non scontri. L’Italia è tra i paesi che hanno le più alte percentuali di vaccinati, superiore alla soglia dell’80% prefissata.

Ora che la stragrande maggioranza della popolazione a rischio è vaccinata, quasi sicuramente andremo incontro ad ondate di casi positivi da Sars-Cov-2 indipendentemente dalle restrizioni; restrizioni di cui, peraltro, sembra vengano quasi del tutto ignorati gli effetti negativi che comportano in tutti i campi, a partire dalla salute psichica per finire ai danni all’economia e alla ripresa del nostro paese.

Insomma: possiamo pensare al benessere della società nel suo complesso tenendo conto del fatto che la salute non è solo rischio di contagio? Ovviamente se si investe nei vaccini non si investe in altro e il timore è che si stia usando il Green Pass come scorciatoia per non investire sulla sanità. L’immane sforzo organizzativo ed economico indirizzato sul Green Pass potrebbe essere indirizzato sulle altre misure di prevenzione che riguardano anche le altre patologie per le quali non abbiamo smesso di morire (come quelle cardiocircolatorie, la cui incidenza sembra essere aumentata negli ultimi mesi)?

Secondo alcune recenti valutazioni fatte su pagellapolitica.it si prevede che la spesa in sanità passerà dal 7,5 per cento sul Pil nel 2020 al 6,1 per cento nel 2024, una percentuale più bassa del 6,5 per cento del 2019. E ricordiamo che ci sono stati 37 miliardi di tagli e definanziamenti alla sanità negli ultimi dieci anni, denunciati prima della pandemia dalla Fondazione Gimbe.

Concludo riprendendo le parole di Andrea Bellelli, Professore Ordinario di Biochimica, Università di Roma La Sapienza, proprio qui sul blog su ilfattoquotidiano.it:

“La malattia non è una colpa; il malato è la vittima di un evento più forte di noi; l’epidemia è causata dal virus e non dagli untori; la vaccinazione è un diritto ma non un dovere; chi non si vaccina rischia prima di tutto per se stesso, mentre chi si vaccina è protetto; c’è un limite alla protezione che lo stato può fornire e uno ancora più stretto a quella che lo stato può imporre, perché ogni protezione è un limite non solo alla libertà del cittadino, ma ai rapporti sociali tra i cittadini.

E soprattutto: noi non siamo immortali, la nostra vita è costantemente a rischio per mille cause delle quali il Covid è soltanto una – e neppure la più importante.”